CREARE LE CONDIZIONI DEL DIALOGO L’IMPEGNO DEL CARDINALE ZUPPI
…dialogico o dialettico?

"Tutti dobbiamo dialogare, dobbiamo imparare a dialogare", ha dichiarato più volte il Cardinal Matteo Maria Zuppi a chi gli chiede se le società russa e ucraina debbano dialogare. "La guerra divide, accentua le divisioni, le strumentalizza in tutti i conflitti. Non si riconosce più il mio fratello, questa è la guerra”.
E ancora.
“Sono qui per ascoltare, non sono un mediatore e non ho piani di pace” ha specificato il Cardinal Zuppi a Zelensky. Dopo l’incontro con Zelensky parlerà con Kirill, il metropolita della Chiesa ortodossa russa.
Chi parla sono, lo sappiamo, le armi ma Zuppi ascolta e continua il suo dialogo.
Il cardinale Zuppi non è solo un uomo mite e empatico ma anche un uomo colto. La sua cultura ha fondamenta solide, diverse da quelle che vengono vantate in tanti contesti senza alcuna consapevolezza etica. Diversa la sua da quella cultura diffusa che vuole unicamente soluzioni compatibili - eticamente, moralmente, politicamente - con i valori dissacrati, quale quella cultura di quanti sono portati a giustificare sempre se stessi, i propri sbagli e della “famiglia” cui si appartiene; di quanti affermano che non è l’uomo a sbagliare ma che è sempre l’altro, quello al di fuori della casta e, più in generale, che chiunque che la pensa diversamente è reo di alimentare errori e nefandezze.
Nelle dichiarazioni di Zuppi c’è tutta la l’essenza della Cultura dell’Umano.
Mai comprensione più grande può essere espressa attraverso l’ascolto… saper ascoltare significa saper amare donando all’altro il proprio tempo e accogliendo ogni parola con rispetto. L’ascolto autentico feconda il dialogo, essenziale perchè il cammino della civiltà non naufraghi nella sterilità delle relazioni.
Il dialogo, se autentico (e civile), presuppone un’identità forte sorretta da saggezza e bonomia e non un’ossessione identitaria che si manifesta nell’ottusa convinzione che la propria posizione e le proprie idee siano talmente giuste da non poterle mettere in discussione o confrontarle con altri. Talmente giuste da arrivare a sostenerle attraverso la supponenza, l’aggressione urlata, il ricorso alle armi per annientare l’altro e tutto il suo mondo senza pietà verso chi ne fa parte anche se solo per diritto di nascita.
L’Io prospera nell’ illimitato paesaggio interiore in cui la coscienza è nuda e il monologo interiore è un libero dialogo con l’essere. Un essere talvolta autarchico dove tutto trova giustificazione individuale e dove gli altri sono fuori, da sfruttare, manipolare, violentare all’esterno del proprio monologo: imporre la propria ragione fino alla distruzione del nemico rifiutando qualsivoglia relazione intersoggettiva dialogica.
Ma una relazione intersoggettiva è possibile quando- per dirla con Raimon Panikkar – il dialogo diventa dialogico ossia finalizzato alla reciproca conoscenza per consentire l’apertura verso l’altro: attraverso il dia-logos è possibile stabilire un terreno comune in cui radicare rapporti umani. Il semplice dialogo dialettico, per quanto positivo, è altra cosa perché si radica nell’alveo del confronto tra tesi talvolta antitetiche di cui il portatore resta con il proprio identitario di “bandiera”.
Quale dialogo nella missione del Cardinal Zuppi?
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