CRONACA DI UN CROLLO ANNUNCIATO
COLLASSA IL VIADOTTO ALBIANO SUL FIUME MAGRA

Lo scorso otto aprile era un anonimo mercoledì di quarantena, ma che improvvisamente ha scosso le nostre coscienze, oramai assuefatte dai continui bollettini che giungono “dal fronte” della guerra contro il coronavirus, per il collasso del ponte (viadotto Albiano) sul fiume Magra tra la provincia di La Spezia e quella di Massa-Carrara sulla strada statale 330 che fungeva da collegamento tra la Toscana e la Liguria. Un boato improvviso che è stato avvertito da molti abitanti della zona al quale è seguito il collasso di tutte le campate del ponte facendolo “adagiare” sul fiume e che, per pura fatalità, non ha registrato vittime essendo un ponte frequentatissimo sia da veicoli che da pedoni. Strano a dirsi, ma se non ci fosse stata l’emergenza coronavirus che obbliga tutti noi a stare a casa il crollo sarebbe stata un’altra tragedia paragonabile a quella del ponte Morandi di Genova. In quel momento sul ponte transitavano solo due furgoni e solo uno dei due conducenti è rimasto ferito e trasportato, prontamente dal 118, nell’ospedale di Pisa in codice giallo. Al momento sono diverse sono le ipotesi sulle cause che abbiano causato il collasso; dalle prime indiscrezioni pare che sia stato avvertito un forte odore di gas e che una nuvola avesse invaso la valle del fiume Magra, ma man mano che le ore sono passate l’ipotesi più accreditata è stata quella del cedimento strutturale del ponte che già lo scorso anno aveva destato preoccupazione per una vistosa crepa. Immediatamente sul luogo del crollo sono arrivati il sindaco di Bolano, Alberto Battilani e l’assessore regionale alla protezione civile, Giacomo Giamperdone che ha confermato l’assenza di vittime, sottolineando l’importanza strategica del ponte per le due regioni. E’ innegabile che nei mesi passati il ponte era già stato al centro di continue segnalazioni da parte dei tanti automobilisti che avevano denunciato la presenza di numerose crepe e nel novembre scorso, durante un’ondata di maltempo, si era formata una grossa crepa anch’essa prontamente segnalata, ma che per gli addetti ai lavori non destava nessun pericolo per la stabilità del ponte. Il presidente della Regione, Enrico Rossi ha dichiarato: “E’ l’ennesima dimostrazione che le infrastrutture del nostro territorio sono ormai al disfacimento, c’è bisogno di una cura da cavallo”. Rossi ha chiesto all’Anas di chiarire e spiegare cosa abbia determinato il crollo e che il ponte sia ricostruito in tempi ristretti.
Vincenzo Ceccarelli, assessore regionale ai trasporti rende noto che anche la ministra alle infrastrutture, Paola De Micheli ha chiesto all’Anas una relazione dettagliata sull’accaduto aggiungendo “Siamo davvero sconcertati, sono già allo studio le soluzioni per individuare una viabilità locale alternativa, in modo da escludere zone isolate”. Anche Marco Stella, consigliere regionale sottolinea come ci siano ancora 632 ponti, cavalcavia e viadotti nella Regione Toscana che necessitano di interventi prioritari e di messa in sicurezza per un totale di 1845 opere infrastrutturali che vanno costantemente monitorate. “Si è rischiata l’ennesima tragedia, a due anni dal crollo del ponte Morandi, ma chi di dovere non sembra aver imparato proprio nulla”. In queste ore è stato aperto un fascicolo di indagine dalla Procura della Repubblica di Massa affidato al sostituto procuratore, Alessandra Conforti per riuscire a fare chiarezza su quanto accaduto. Al momento non sembrano esserci ancora ipotesi di reato, né indagati, anche se probabilmente l’ipotesi di reato sarà quella di disastro colposo. In questo momento di tempo sospeso il coronavirus non ci ha portato solo morte e dolore, ma anche un’occasione che i nostri governanti dovrebbero cogliere pianificando un piano di lavori straordinari che porterebbe lavoro, messa in sicurezza di strutture e territori realizzabili in velocità visto la scarsa affluenza veicolare del momento, dove anche nella seconda fase di questa pandemia sarà, presumibilmente, scaglionata. Questo è stato lo spirito che ha animato gli italiani nell’immediato dopoguerra, che gli ha portato a rimboccarsi le maniche trasformando le ferite e le macerie di una guerra in un’opportunità di sviluppo e lavoro.
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