Come arginare il tradimento della recherche

La libreria indipendente

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Qualcuno, con una robusta dose di ironia verso la gran parte dell’umanità impegnata a programmarsi il tempo, ha detto che la vita è ciò che ti capita mentre progetti di farne qualcosa. Allo scrittore, così come a chiunque faccia dell’espressione artistica un proprio tratto esistenziale, da sempre è affidato il compito di immortalare questo “ciò che ti capita” attraverso il racconto che, nelle varie declinazioni, è la sostanza di tutte le arti. Perché? Forse perché ciò che durante l’esistenza trascorre di invisibile ai più è comunque fondamentale per tutti, tanto che tutti, prima o poi, avvertiamo la necessità di soffermarci sui piccoli episodi del passato, quelli che vivendoli non diresti mai che diventeranno ricordi. Questa recherche proustiana restituisce il tempo perduto, donando bellezza e senso alla parabola del divenire che, di conseguenza, è meno angosciosa.

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Plasticità inconsuete in scultura, dipinti suggestivi, poesia e prosa, tutto può portare all’attenzione momenti che il quotidiano ci fa vivere troppo in fretta. Il presupposto fondamentale affinché l’arte riesca in questa missione sociale è che la grande platea dei fruitori sia posta in condizione di accedere a una selezione di opere e autori tanto vasta quanto profonda. Se invece questo corso naturale viene deviato con sapienti operazioni di marketing che catalizzano l’attenzione verso i soliti nomi e se, come diceva Moravia in riferimento al suo settore (ma la considerazione si può estendere ad ogni espressione artistica), “gli scrittori, alla fin fine, scrivono sempre le stesse cose, sia pure cambiando forma”, si ottiene una discreta vendita nell’immediato ma, tradendo la “missione” di cui si è detto, non porta più gioia, inaridisce il gusto e la voglia di scoprire.

cms_7801/3p.jpgLa questione, a dire il vero, investe ampi settori, sia artistici che della società in genere. Attrici bravissime alle quali spetterebbe la notorietà di diritto sono emarginate se non sostano un po’ sui divani di produttori e registi, pittori e scultori valentissimi che pagano dazio non dovuto a molti mercanti d’arte se vogliono avere un po’ di luce sulle loro opere, scrittori vittime di un sistema dove imperano pochi agenti potentissimi e distributori in grado di condizionare le scelte dei lettori in libreria, cattedre universitarie distribuite con logiche sfacciatamente nepotistiche, calciatori capacissimi che non potranno mai emergere perché le squadre si affidano a prezzolati agenti che in scuderia hanno brocchi spacciati per purosangue, troppi film prodotti con finanziamenti pubblici che finiscono sempre nelle casse dei soliti noti, attori compresi, proponendo chilometri di pellicole (si fa per dire, ormai) sempre più omologate. La casistica è infinita e il fenomeno così artefatto porta frequentemente sotto i riflettori il peggio, lasciando che qualcosa di buono emerga per caso o, per meglio dire, per esigenze statistiche. Dilaga, cioè, un meccanismo di selezione della specie che col talento ha sempre meno da spartire. È giusto quindi segnalare quelle sacche di resistenza che si oppongono a questa tendenza distorta e, in particolare nel mondo dell’editoria, un’attenzione particolare va dedicata a quelle librerie definite “indipendenti” perché non legate alle grandi catene. Questi operatori, infatti, svolgono un ruolo importante in quanto riempiono un vuoto che è quello della promozione di opere e autori validi ma spesso sconosciuti, il tutto con difficoltà enormi per far quadrare i conti e dove la conoscenza del venditore verso il prodotto che offre al consumatore è pressoché inevitabile. Abbiamo così pensato di iniziare un viaggio che ci porterà a conoscere meglio questo mondo difficile e interessante, proponendo momenti ravvicinati e interviste con chi gestisce le librerie indipendenti, lasciando che siano i titolari a raccontare di sé, di come effettivamente tramite loro sia distribuita la cultura, segnalandoci opere che non troveremo facilmente illuminate nelle vetrine delle grandi librerie, ora più simili a supermercati, ma che forse potranno farci vivere una gioia sempre più rara.

Nicola D’Agostino

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