D- MONDO
La mia vita

La malattia è una sera d’inverno
improvvisa
nera e buia
Al buio al freddo
me ne sto
come bambina d’altri tempi
stretta nella paura delle
antiche streghe.
Ma, come allora la paura si scioglieva
al sole del mattino,
così ora aspetto quel sole quel mattino.
(Novembre 2003: mi è stato diagnosticato il Parkinson)
La mia giornata vista dal di fuori non solo è noiosa ma di più, dolorosa e la notte pur non essendoci i dolori atroci di un tempo, dormo in media due ore: sono distrutta perché il mio è un Parkinson piuttosto aggressivo....
...Ma ho una fortuna: con la malattia temendo di perdere tutto ciò che fino ad allora avevo dato per scontato, ho riscoperto il mio animo-bambino e vedo parecchie cose e persone con occhi da favola, specie attraverso la scrittura, mia vecchia passione abbandonata e ripresa ora. E così, di molte cose vedo il lato magico.
Le lucciole nel mio giardino: che spettacolo!
Anche lì ci ho visto la fiaba: alberi che danzavano nella notte indossando le lucciole come gioielli mentre mio marito diceva: chiudi la porta ché entrano le zanzare!! (ahahah)
Voi direte che non vivo sulla Terra ed invece sì, ora colgo, molto più di un tempo la Bellezza e la magia di ciò che è intorno a me... Ad esempio le mie foto: sono tutte fatte con un piccolo cellulare, eppure ritraggono realtà veramente magiche…
Dopo il dolore e la sofferenza, questi nuovi occhi e nuove stupende persone mi hanno aiutato tanto e, visti con un nuovo sguardo, mi sono parsi nuovi anche i vecchi amici che hanno scoperto una “nuova” Rossella… Dare un senso alla propria vita con la malattia è difficile ma essa è venuta anche per dirci di prenderci cura di noi stessi.
Le mie lacrime cadono
pesanti
come grandine.
Sono una stella
a forma di croce
che brilla lassù…
Siamo tante, da lontano
sembriamo tutte uguali,
invece dobbiamo brillare
il nostro dolore
nell’oscurità e
di giorno vivere
con queste notti sulle spalle
(4 ottobre 2011)
La malattia è una grande rottura di scatole ma anche una grossa opportunità: raggiungere la consapevolezza. Si è costretti a fermarsi e a mettersi al centro da questa nuova visuale, passando attraverso la sofferenza che, come dice Osho, è un fuoco che brucia tutto ciò che è inutile e resta solo ciò che è vero.
A volte sono farfalla da collezione:
inutili le mie ali sgargianti
trafitte da piccoli spilli…
La mia voce non ha suono né
gemito ma solo echi di silenzi lontani…
Perché questo viaggio interiore durante la malattia? Perché spesso bisogna perdersi per trovarsi…
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.