DALL’ECONOMIA DELL’ESPERIENZA ALL’ECOLOGIA DELL’ESPERIENZA

Il metaverso come destinazione e destino digitale

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cms_28881/1_Derrick_de_Kerckhove.jpgDal metaverso alla meta-città ovvero come usare il concetto di metaverso per migliorare la sostenibilità è la riflessione che il professor Derrick de Kerckhove dedicata alla XIV edizione di Nostalgia di Futuro che quest’anno si è tenuto a Milano ospiti della Fondazione Eni Enrico Mattei.

Direttore scientifico della rivista Media Duemila e consigliere scientifico dell’Osservatorio TuttiMedia.

Visiting Professor Politecnico di Milano.

Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto, il professor Derrick de Kerckhove fino a novembre 2014 è stato docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Condivido la sua analisi con i lettori di IWP.

Propongo la visione del metaverso come destinazione e destino digitale. Un po’ di storia: c’è continuità dal 1992 a oggi in quanto simulazione e gemellaggio sono i principi chiave della trasformazione digitale e il metaverso con le sue tecnologie immersive simula lo spazio. Tre le parole chiave: immersione, presenza, condivisione.

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Dal 1992, anno in cui il termine è stato inventato da Neal Stephenson, il metaverso, dopo diverse false partenze come Active Worlds o Second Life, ha attraversato diverse iterazioni per arrivare all’attuale esplosione nei mercati mondiali. Sebbene sia ancora una sorpresa, vista la precedente tiepida accoglienza, la duplicazione di uno spazio immersivo, per non dire “vivente”, era in cantiere fin dall’inizio della trasformazione digitale. Insieme all’incorporazione dell’intelligenza artificiale in ogni attività umana, compreso il sonno: il metaverso è la punta di diamante e il fulcro degli sviluppi tecnologici e di mercato.

Il metaverso rende evidente qualcosa che abbiamo sperimentato senza rendercene conto: abbiamo occupato un nuovo spazio, siamo entrati in una nuova civiltà e abbiamo ampliato a dismisura i nostri poteri individuali. Lo spazio non è più esclusivamente geografico, né ontologico. È virtuale, sì, ma ora che è tecnicamente stabile è diventato abitabile nel modo in cui abitiamo lo spazio fisico. Questo è ciò che chiamiamo “immersivo”. Oltre a questa proprietà, il metaverso è un ambiente di “condivisione” proprio come quello fisico, dove diamo per scontato di trovarci nello stesso spazio con le persone che incontriamo. Anche Mark Zuckerberg lo ha capito: “La qualità che definisce il metaverso sarà la sensazione di presenza, come se si fosse proprio lì con un’altra persona o in un altro luogo”. Questo è il sogno ultimo della tecnologia sociale”.

Secondo Matthew Ball (esperto digitale) “Il metaverso è una rete massicciamente scalata e interoperabile di mondi virtuali 3D renderizzati in tempo reale, che possono essere vissuti in modo sincrono e persistente da un numero effettivamente illimitato di utenti e con continuità di dati come identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti”. Tutte le parole sono importanti, ma al di là del fatto che manca “immersivo”, la più significativa è forse la parola “persistente”. Perché è quella che corrisponde alla realtà e permette interessanti confronti tra mondo fisico, sogno, finzione, cinema e metaverso. Per me, le quattro parole chiave oltre a virtuale sono, come per lo spazio reale, presenza, immersione, persistenza e condivisione.

Perché dal metaverso alla metacittà

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Abbiamo due funzioni del metaverso, l’intrattenimento e il servizio pubblico. L’intrattenimento guida la tecnologia e il mercato, in passato erano la letteratura e il cinema a fornire vari esperimenti di vita. Il concetto di meta-città suggerisce la possibilità del servizio pubblico, secondo Cosimo Accoto, scrittore e analista dell’era digitale.

Quanto detto non significa, tuttavia, che il metaverso debba o voglia rimanere circoscritto nell’intrattenimento e focalizzato sul profitto, né che debba limitarsi a copiare la realtà. La versione ludica del metaverso fa anche parte della sua funzione euristica. Come l’alfabetizzazione, che è stata utile sia alla narrativa che alla scienza, il metaverso può essere sia uno stimolo per l’economia dell’intrattenimento che per il servizio pubblico. Da questa riflessione nasce il concetto di “metacittà”, gemella della città. Come il metaverso, la metacittà è una simulazione di spazio immersivo, interattivo e partecipativo, ma simula spazi fisici esistenti in modo che le persone possano agire su di essi virtualmente e applicare le decisioni pertinenti di conseguenza. Possiamo prevedere vantaggi per i cittadini collegati alle autorità e capaci di negoziare con loro al fine di migliorare la città (e non solo). Ma una cosa che un ambiente virtuale come una metacittà può fare, che la città reale non può fare è raccogliere e integrare tutti i dati, tutti i sensori e tutto il traffico in tempo reale e prevedere conseguenze o miglioramenti.

Secondo Cosimo Accoto “gli ambienti popolati oggi per lo più da avatar esteticamente colorati e divertenti, sicuramente, ma non ancora abitati da cittadini digitali politicamente, socialmente consapevoli e responsabilizzati (…) saranno la vera sfida del metaverso”. Il concetto di “meta-città” rivela il vero vantaggio dell’attuale tendenza all’innovazione, ovvero la duplicazione della realtà, non solo a livello urbano, ma, come prevede l’Unione Europea, anche su scala regionale, nazionale, continentale e, infine, globale. La mappatura della realtà nella sua dimensione immersiva può diventare la via d’uscita dagli imminenti disastri ecologici e sociali. L’Unione Europea, nella sua saggezza, ha avviato il progetto Gemellaggio Digitale d’Europa come servizio per migliorare la gestione dell’economia e combattere il cambiamento climatico.

Ed arriviamo alla sostenibilità perché né la metacittà né il metaverso sono ecologici.

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Il punto è che entrambi sono necessari per la maturazione e la diffusione della tecnologia.

Come abbiamo visto finora nei tiepidi risultati delle varie riunioni della COP, da Rio a Sharm-el-Sheikh, nulla convincerà i governi, l’industria e il pubblico in generale a prendere sul serio la sostenibilità. Di per sé, in particolare nelle applicazioni visibili oggi, né il metaverso né la metacittà sono destinati a sostenere l’ambiente, tutt’altro. Le loro applicazioni ludiche e commerciali o pratiche minacciano di aumentare, anziché ridurre, il già considerevole consumo di energia e materiali in cicli di innovazione, obsolescenza, rinnovamento e consumismo generalizzato. A titolo di paragone, dall’inizio degli anni Sessanta al 2011, ci sono voluti quasi cinque decenni di persuasione pubblica per ridurre la popolazione mondiale di fumatori al 20%.

Dall’economia dell’esperienza all’ecologia dell’esperienza

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Questo è il punto di arrivo: il metaverso come tecnologia di punta dell’”economia dell’esperienza che conduce all’ecologia dell’esperienza. Un cambiamento analogo lo abbiamo avuto quando abbiamo esternalizzato l’esperienza e l’alfabetizzazione si è contrapposta alla schermologia. Andiamo per punti. Abbiamo esternalizzato l’ego sotto forma di avatar, ma c’è una differenza critica tra metaverso e metacittà, perché il metaverso è estensione dei media tradizionali mentre la metacittà è estensione della realtà. La tecno-ecologia dipende dalla simulazione quantistica, come dice Cosimo Accoto.

Il mercato non ha aspettato la rinascita delle tecnologie immersive 3D per promuovere l’”economia dell’esperienza”. Ma il metaverso diventa un punto di riferimento per comprendere tutte le implicazioni del termine. La creazione di esperienze è iniziata presto in tutte le culture alfabetizzate con la narrativa e il teatro. Ma con la narrativa l’esperienza era interna all’utente. Il cinema l’ha esternalizzata di nuovo come aveva fatto il teatro e poi è subentrata la televisione, che ha fornito allo spettatore un sostituto completo dell’immaginazione. Oggi il processo di esternalizzazione è condiviso tra la mente dell’utente e lo schermo, ma sempre più sotto il controllo di quest’ultimo. L’esternalizzazione completa avviene con il metaverso, perché non solo esteriorizza tre delle cinque esperienze sensoriali, ma esteriorizza anche l’ego sotto forma di avatar. Ecco quindi la differenza critica tra il metaverso e la metacittà.

Il valore ludico e di intrattenimento del metaverso, oltre a invitare alla creazione di un nuovo tipo di servizio commerciale, seppur convenzionale, è un’estensione di altre merci mediatiche fin dall’invenzione del teatro e del romanzo. In confronto, il concetto di metacittà si occupa della realtà e di come utilizzarla. La simulazione immersiva è diretta a prevedere e migliorare le condizioni della vita reale e, come possiamo prevedere dagli sviluppi attuali, si ritiene che la tendenza vada già oltre la città, verso ambienti regionali e infine globali. In questo modo la tecnologia immersiva potrebbe aiutarci a vivere meglio grazie alle simulazioni di ambienti completi fondati da dati provenienti da sensori e analisi predittive in tempo reale allo scopo di identificare i potenziali pericoli e le loro cause, proteggendo così il pianeta con i suoi abitanti nella sua completezza. Ecco perché invito ad iniziare a pensare all’ecologia dell’esperienza oltre che all’economia dell’esperienza.

La differenza potrà essere fatta solo quando sarà resa disponibile una sintesi immersiva, completa e integrata di tutti i dati provenienti da tutti i sensori su tutti i fattori chiave che minacciano la sopravvivenza umana. E questo potrà avvenire solo grazie ai rapidi progressi della computazione quantistica.

“Da un punto di vista tecnico, la prospettiva ci spinge a guardare al metaverso sia come una lente interpretativa attraverso la quale iniziare a leggere l’ambiente, sia come l’architettura vera e propria che dovrà essere sviluppata nel tempo affinché la visione diventi realtà. Non si tratta quindi di un semplice videogioco o di una semplice realtà virtuale, anche se molti usano queste similitudini per giustificarla, ma di una nuova tecno-ecologia all’interno della quale vivranno esseri umani, oggetti, dati.” (Cosimo Accoto)

E aggiungo “animali e piante” per completare la visione di un’ecologia veramente completa.

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Per maggiori approfondimenti sulla tematica: DiCultHer https://www.diculther.it/rivista/, la meta-rivista open access per promuovere l’educazione alla Cultura Digitale e le ricerche sul digitale applicato al patrimonio culturale.

Antonella Giordano

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