DELL’UTOPIA,DEL PRINCIPIO SPERANZA E PRINCIPIO RESPONSABILITA’-I^
L’opinione del filosofo
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“... nulla al mondo può impedire all’uomo di sentirsi nato per la libertà ... questo sogno è sempre rimasto vano, come tutti i sogni, è servito da consolazione, come fosse oppio: è tempo di rinunciare a sognare la libertà, e di decidersi a concepirla”. (S. Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale)
“L’uomo non è una forma fissa e permanente (questo fu, nonostante le intuizioni contrarie dei suoi sapienti, l’ideale dell’antichità), ma è invece un tentativo, una transizione, un ponte stretto e pericoloso fra la natura e lo spirito. Verso lo spirito, verso Dio lo spinge il suo intimo destino; a ritroso, verso la natura, verso la Madre lo trae la sua intima nostalgia: tra l’una e l’altra di queste forze oscilla la sua vita angosciata e tremante”. (H. Hesse, Il lupo della steppa).
Dell’utopia
L’utopia abita il cuore macerato dell’umanità e della storia, per dar forma, voce e occhi alle loro determinazioni nascoste, rimosse, oppresse o distorte. L’utopia è il fuoco che brucia nell’interno degli uomini e delle donne, nell’interiorità dei mondi reali e vitali. Vita, umanità e mondo ardono anelando la libertà.
Come movimento reale, l’utopia costituisce un permanente angolo dialogico con la libertà ed è la libertà che cerca di superare lo "stato di cose presenti". Solo il contenuto di utopia e di idealità presenti nelle rivoluzioni, può salvarle, conferire loro un senso e ricondurle alla libertà. Azadi, libertà gridano le donne a capo scoperto nella rivoluzione in atto in Iran, mentre gli ucraini resistono ogni attacco e ogni privazione provocati dall’infame guerra di aggressione perpetrata dal regime russo, in nome della libertà.
L’utopia porta la rivoluzione e la resistenza nel cuore della libertà, i soggetti viventi nel cuore della vita, le parole e il linguaggio si collocano nel cuore dell’esperienza della libertà come esercizio di liberazione. L’utopia risale dal fondo delle cose e del nostro scontento, aprendo un conflitto con i limiti della storia, la volontà di potenza della politica e l’immobilismo della condizione umana. Solo l’utopia è critica radicale e compiuta della violenza, solo l’utopia è conflitto irredimibile a favore delle ragioni della libertà.
Qui sta il grande realismo dell’utopia, che sigilla i caratteri reali della vita e nel contempo la sua profonda inattualità: essa è il contrassegno della rivolta contro l’oppressione politica e la colonizzazione della vita quotidiana. Essa è la determinazione storico-esistenziale che non soccombe di fronte all’ "euristica della paura", come avanzato da Jonas, non abbassa la soglia delle richieste e apre l’orizzonte dell’ attesa e dell’aspettativa. L’utopia non è un imperativo o una sovradeterminazione: è movimento della libertà.
L’utopia affronta il timore che incatena l’individuo, dando voce e immagine al dolore e alle inquietudini che pulsano dentro di lui. Essa mostra in continuazione i bagliori e i frammenti di un’altra vita, i quali chiamano, interrogano e attendono una risposta dai centri caldi della vita, dello spazio e del tempo. L’utopia non si rassegna alla tirannide, la sua responsabilità è sperare; la sua speranza è cammino nella libertà.
Del principio speranza e del principio responsabilità
L’interconnessione del “principio speranza” col “principio responsabilità” e l’”etica della convinzione”, fa sì che l’utopia debba rispondere a domande radicali e sperare nel tempo dall’abisso del tempo.
Per che cosa oggi siamo responsabili? E davanti a chi?
La convinzione e la responsabilità si estendono dalla scelta e dalla decisione alle conseguenze della scelta e della decisione. Nelle distinzioni classiche tra "etica della convinzione" ed "etica della responsabilità", convinzione e responsabilità rispetto al presente si prolungano sino a diventare convinzione e responsabilità di fronte al passato e al futuro: non solo il nostro passato e il nostro futuro, ma il passato delle passate generazioni e il futuro delle future generazioni.
L’’etica della responsabilità’ di Jonas si traduce in "etica del futuro", che non elimina il peso gravoso e drammatico che la questione riveste nell’attualità e, ancora di più, nel futuro prossimo. I compiti della nostra epoca, come mai in passato, sono immediatamente determinanti per le epoche successive: dalle nostre scelte di oggi dipende il domani dei nostri successori.
Ciò è vero per la prima volta nella storia.
A misura in cui consegniamo in eredità ai nostri successori uno spazio/tempo determinato dalle conseguenze disastrose delle nostre scelte, la nostra decisione trascende la nostra esistenza. Per effetto di questa proiezione, la vita dell’oggi si costituisce come condizionamento devastante della vita di domani, nelle rovine immani che si accumulano e preparano l’esplosione futura.
Nonostante che la tecnologia possa ritardare la catastrofe, la soluzione della crisi nello spazio/tempo non puo’ essere data dal rinvio e dalle tecniche di programmazione procrastinate all’infinito. Questo movimento perverso è in azione da molto tempo – basta vederlo negli esiti della COP27 sul clima e sui continui disastri causati dai cambiamenti climatici - e vede gli effetti della mancanza di decisioni rovesciarsi contro i decisori. L’ansia titanica tendente al dominio sulle cose si rovescia nel governo totale delle cose sugli esseri umani, passibili di estinzione.
Ma, “di e per che cosa oggi siamo responsabili? E davanti a chi"?
In Jonas, convinzione e responsabilità rispetto al presente si prolungano sino a diventare convinzione e responsabilità in faccia al passato e al futuro, non solo il nostro passato e il nostro futuro, ma il passato delle passate generazioni e il futuro delle future generazioni. La convinzione e la responsabilità si estendono dalle scelte e dalle decisioni alle conseguenze delle scelte e delle decisioni. Qui le distinzioni classiche tra "etica della convinzione" ed "etica della responsabilità" proiettate nel futuro, diventano piu’ complesse. In questo senso, come diceva Capitini, noi siamo compresenti a tutte le generazioni e a tutti i loro problemi.
Qui rientra in gioco l’utopia quale punto di intersezione del “principio speranza” di Bloch e del “principio responsabilità” di Jonas, che modella le ragioni della politica sulle ragioni della libertà. Qui affondano le loro radici etica e dialogica della libertà. La responsabilità è sempre risposta alla libertà e alle sue interrogazioni; la speranza è sempre l’abbandonarsi alla libertà, nel cui solco avviene la disposizione al costruire, all’ abitare, al pensare e al vivere.
L’utopia non è un imperativo o una sovradeterminazione: è movimento della libertà. La sua responsabilità è sperare, la sua speranza è cammino nella libertà. L’interconnessione del principio speranza con il principio responsabilità fa sì che l’utopia debba rispondere a domande radicali e sperare nel tempo proiettandola nell’abisso del tempo.
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