DI MAIO E’ IL NUOVO LEADER DEL MOVIMENTO 5 STELLE
Con 30 mila voti su 37 mila votanti, alle prossime elezioni politiche sarà anche il candidato alla presidenza del Consiglio

Luigi Di Maio ha vinto le primarie del Movimento 5 Stelle per diventare leader di partito e prossimo candidato alla presidenza del Consiglio. Senza un briciolo di emozione, poco dopo le sette di sera di sabato, Luigi Di Maio viene annunciato come il candidato premier del M5S. Contro i suoi non-avversari - una senatrice e sei consiglieri - tutti sconosciuti, ha preso 30 mila voti, su 37 mila votanti. Non proprio il pienone di clic che ci si attendeva. Meno di un terzo dei circa 130mila iscritti certificati. E il primo discorso del nuovo leader, offerto ai sostenitori del movimento, è già quello di un candidato pronto alla sfida. Di Maio sminuisce il flop dei voti sul sistema Rousseau. Annuncia di voler abbattere la legge elettorale in discussione alla Camera, il Rosatellum Bis, “fatta per trasformare il primo partito nel Paese, il M5S, nell’ultimo in Parlamento”. Promette “una squadra di governo di capaci”, prima delle elezioni, e assicura di essere cosciente “che il compito che mi è stato affidato non è di cambiare il M5S, ma di cambiare il Paese”.
Alle primarie per la leadership del movimento si potevano candidare tutti coloro che sono stati eletti col Movimento 5 Stelle o coloro che sono ancora in carica, ma il cui mandato finirà entro il prossimo 28 febbraio. Significa che avrebbero potuto candidarsi tutti i consiglieri di circoscrizione, comunali, provinciali, regionali, sindaci, deputati e senatori.
Con la proclamazione di Di Maio leader, il movimento che decideva tutto attraverso la consultazione della base, ha sancito la sua definitiva trasformazione in quello che da sempre si ostinava ad attaccare con veemenza: un partito. Un partito che magari non sarà ancora in tutto e per tutto come gli altri, ma che esattamente come gli altri “alleva” quelli tra i suoi che ritiene migliori, più adatti ai ruoli che devono ricoprire. Un partito che da un anno manda Di Maio a rappresentarlo nelle sedi diplomatiche e istituzionali. Un partito che ha una struttura non tanto diversa degli altri, a dispetto della modernità dei mezzi e delle piattaforme informatiche. Esiste certamente nel movimento una base che propone e fa sentire la sua voce attraverso il web, - c’é una platea ampia di iscritti al blog chiamati a dire la loro e a confrontarsi, anche se poi è un pugno di persone che alla fine decidono - ma nelle scelte che contano sono certamente Genova e Milano a far sentire il proprio peso. Un partito, dunque, che, come tutti i partiti, ha incoronato il suo candidato premier per investitura della monarchia che lo guida.
Così alla prova suprema, ossia l’indicazione di colui al quale in caso di vittoria alle elezioni toccherà di governare il Paese, la democrazia diretta del M5S si è sgonfiata. L’uno vale uno è svanito e si è trasformato in uno vale tutti.
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.