Come gomene salgono ai terrazzi,
dai basoli di Via Indipendenza,
grosse viti di fragola e moscato.
Quale visione o desiderio
spinse le barbatelle a quelle sfide?
Scalarono due piani in verticale,
vinsero venti e denti di somari.
Ammiro la fede dell’uomo ma più
la forza paziente di quei tralci
e le palme frementi delle foglie
vellicate dal sole settembrino.
Spicco un acino nero. Vi assaporo
una fragranza di umori che vince
l’odore delle alici e delle sarde
non ancora mature, sotto sale.
E’ tempo di rivincite e ritorni;
ora che la terra è avvelenata
e la crusca la vende il farmacista,
si cerca il buono d’una volta:
pane con lievito madre,
olio da spremitura a freddo,
pollo ruspante, vino genuino.
Solo il cappero vince la mia vite
in voglia di vivere e ardimento.
In turgidi zaffi,
sulla falesia a picco,
sui bastioni,
in screzi di muraglie,
morde la polpa dell’estate,
canta l’ebbrezza d’essere com’è.
Per vertigini d’Amore
o impulsi di follia ovunque,
sempre, dà il meglio di sé.
(da “Radiazioni di Fondo”Ediz. Caramanica)