DOPO IL 25 NOVEMBRE

Donne uccise... Fallimento o vigliaccheria dell’Umanità?

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cms_23943/onu.jpgIl 25 novembre è trascorso. Con più o meno parole, con più o meno retorica, con più o meno focus mediatici l’opinione pubblica è stata investita (mi astengo dal ritenere se sia stata, parimenti, opportunamente sensibilizzata) dal rigore celebrativo imposto dalla ricorrenza della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999 (il topocronomo non vuol essere una personale pedanteria ma voluto richiamo all’era evolutiva in cui la politic-storia ha deciso di dar evidenza al problema).

In religioso ossequio agli intenti che ispirarono il provvedimento, in scienza e coscienza intingerei nel vetriolo il mio inchiostro per scrivere molto ma l’“Editorial Duty” (che mi impone di non svilire la bellezza delle considerazioni di Fausto Corsetti) cospira con l’indice di tolleranza cerebrovisivo dei lettori e, dunque, mi marginalizzo al minimo sindacale in nome della Cultura per ricordare che la Giornata de qua venne istituita dopo ben 39 anni dal crimine che ne fu motivo ispiratore.

Il 25 novembre perchè

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Il 25 novembre 1960, nella Repubblica Dominicana, furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa) per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. L’uccisione fu preceduta da un martirio degno del peggiore protocollo dell’orrore: le tre donne stuprate, torturate, massacrate a colpi di bastone e strangolate, vennero poi gettate in un precipizio, a bordo della loro auto, per simulare un incidente.

I 16 giorni perchè

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Dopo la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ossia dopo il 25 novembre di ogni anno, iniziano i "16 giorni di attivismo contro la violenza di genere" che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani (il 10 dicembre di ogni anno) promossi nel 1991 dal Center for Women’s Global Leadership (CWGL) e sostenuti dalle Nazioni Unite.

La mattanza 2021: fallimento o vigliaccheria?

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Nell’anno corrente, 2021 p.C.n., ogni giorno in Italia 89 donne sono vittime di violenza. Un fallimento (per dirla con il Presidente della repubblica Sergio Mattarella) o una vigliaccheria (per dirla con Papa Francesco?) per l’umanità?

I numeri della mattanza del 2021 (263 omicidi con 109 vittime donne e 93 di uccise in ambito familiare o comunque affettivo) depongono per entrambe le considerazioni.

2021 quale stadio evolutivo nel cammino dell’umanità

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Affido alle immagini che seguono qualche spunto di riflessione ex pluribus.

Pianeta terra, donna (rielaborazione pc) del neolitico.L’accreditato studio Female exogamy and gene pool diversification at the transition from the Final Neolithic to the Early Bronze Age in central Europe (https://www.pnas.org/content/114/38/10083) condotto sui resti di persone vissute alla fine dell’Età della pietra nella zona di Lecthal (Germania) e sepolte tra il 2500 e il 1650 a.C. riconosce nelle donne autorevolezza da parte dei maschi in quanto portatrici di cultura e importanti per l’evoluzione per lo scambio di informazioni tecnologiche e saperi.

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Pianeta terra, donna, anno 2021 p.C.n. diversa tipologia di violenza: la cancellazione dell’identità.

Purtroppo non si tratta solo di una maggiore evidenza mediatica di un fenomeno già esistente. La situazione è davvero grave. Le donne sono tornate a essere le vittime di una violenza che è prevalentemente maschile. Registriamo una vera perdita del controllo sia della razionalità sia dei freni inibitori, cioè del controllo di rabbia e frustrazioni.

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Stiamo tornando al “selvaggio” dentro di noi, che se la prende con quelli che nelle civiltà primitive sono i più deboli, le donne e i bambini. E in questa regressione la donna perde in un istante tutte le conquiste e i diritti guadagnati in generazioni: gli uomini, infatti, hanno riconosciuto l’emancipazione femminile solo con la loro parte razionale, mentre secondo l’istinto la donna è rimasta un “oggetto” sessuale, una “proprietà” dell’uomo.

Non è rilevante che le donne stiano accrescendo la propria indipendenza. Il vero problema è che l’uomo sta perdendo il proprio potere sul mondo, non sulle donne in particolare. La radice del male, la spiegazione di questa preoccupante violenza non va ricercata nelle donne, ma nella paura. Le donne ne sono vittime, non causa.

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Per capirlo dobbiamo partire dal presupposto che la persona forte non è violenta.

Negli ultimi anni, invece, abbiamo assistito a un aumento della paura che immobilizza, una paura che si ricollega all’incertezza, alla perdita del ruolo, del potere che passa attraverso il denaro. E’ una crisi dell’esistenza, della civiltà, che sarebbe riduttivo considerare solo economica. La crisi ormai non è più fuori di noi, ma dentro la nostra testa. La paura legata all’incertezza genera una condizione di frustrazione, che ha una fase interna (la rabbia) e che quando si manifesta all’esterno diventa violenza.

Ormai siamo arrivati a un punto in cui la violenza si unisce alla distruttività: non si sopporta più la situazione in cui si vive e se ne esce con delle stragi familiari che diventano delle vere apocalissi. E questa violenza incontrollata viene subita non solo dalle persone più deboli, ma anche da quelle che sono percepite come tali in quanto “vogliono bene o hanno voluto bene”.

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E’ triste costatare che, proprio secondo le statistiche, oltre il novanta per cento degli episodi di violenza sulle donne avviene in casa, per mano del marito o di altri familiari. E non soltanto in ambienti degradati: spesso le vittime sono persone colte e dovrebbero conoscere gli strumenti per difendersi; spesso svolgono anche un’attività lavorativa fuori dalle mura domestiche. La domanda che ci si pone, quindi, è sempre la stessa: perché non se ne vanno?

Casi estremi a parte, coloro che si occupano di maltrattamenti alle donne sovente spiegano questo comportamento con la paura, con la dipendenza economica, con l’abilità del persecutore nel creare il vuoto intorno alla sua vittima.

E’ vero: quando versa in una situazione di grande insicurezza, quando vive quasi prigioniera, la vittima non solo ha paura, ma considera il suo aguzzino l’unico in grado di aiutarla, anche a causa dell’isolamento in cui si trova. Ma queste ragioni non bastano a spiegare il dramma.

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Possibile che una donna, oggi, sia isolata al punto tale da non sapere che esistono centri e associazioni in grado di sostenerla? Che non le capiti di incontrare un parente, un conoscente, un medico con cui confidarsi?

Probabilmente le capita. Ma qualcosa la frena, ed è ciò che viene chiamato “doppio legame”. Una forma speciale di dipendenza: da un lato vorrebbe eliminare la persona che le fa del male, dall’altro, quando ci prova, è colta da una specie di senso di colpa. Subentra un particolare tipo d’inerzia, di astenia che suscita da una parte i ricordi dei bei tempi trascorsi insieme, dall’altra il timore di sentirsi incapace di vivere senza di lui, sebbene quella convivenza implichi una violenza quotidiana.

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Piuttosto che stare sole si accetta questo “essere con l’altro” che significa sofferenze e botte, segno dell’esistenza di un legame perverso. A volte, la violenza è percepita quasi come una forma di attenzione, arriva persino a essere interpretata come una specie di amore e, in qualche modo, malato qualche volta lo è: certi uomini violenti sono convinti di amare davvero le proprie compagne. E questa è la parte più terrificante.

Succede anche a ragazze giovani, belle, di buona famiglia, che per nessuna ragione dovrebbero temere la solitudine; eppure non riescono a lasciare un ragazzo che le manda al pronto soccorso. Più una storia si allunga, più lasciare è difficile, perché il legame si fa più solido e s’instaura una specie di dipendenza simile a quella della droga: lei ci riprova, lo perdona per l’ultima volta; solo che poi non è mai l’ultima. Le donne sperano, sperano sempre, sperano che lui cambi. Non succede.

L’unica scelta possibile è denunciare subito al primo episodio di violenza: altrimenti si comincia a sopportare, e non è giusto.

Non solo gli uomini devono cambiare, ma anche la testa delle donne: capire che non dovrebbero mai avere paura della persona cui sono legate, convincersi soprattutto che possono farcela, possono farcela da sole!

Antonella Giordano & Fausto Corsetti

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