Disposto il rilascio di Chelsea Manning, fonte di WikiLeaks

L’ex analista aveva tentato il suicidio in carcere

Disposto_il_rilascio_di_Chelsea_Manning,_fonte_di_WikiLeaks.jpg

Il giudice federale Anthony J. Trenga ha ordinato l’immediata scarcerazione di Chelsea Manning, a seguito del tentativo di suicidio della donna, fortunatamente sventato.
Chelsea Manning, attivista ed ex analista militare statunitense, era tornata in carcere nel marzo del 2019, accusata di oltraggio alla corte, dopo essersi rifiutata di testimoniare di fronte ad una Grand Jury a proposito di WikiLeaks. Sebbene sembri che la Manning possa finalmente tirare un sospiro di sollievo, ottenendo la tanto bramata libertà, la donna non potrà tuttavia sottrarsi al pagamento di una salata multa, dell’ammontare di 256.000 dollari.

cms_16557/2.jpg

La turbolenta vicenda dell’ex analista dell’intelligence americana, poi divenuta talpa per conto di WikiLeaks, comincia nel maggio del 2010, quando l’hacker Adrian Lamo denuncia Manning alle autorità, sostenendo il suo coinvolgimento nella diffusione di documenti riservati dell’esercito americano. Manning, al tempo conosciuto come Bradley Manning, fu accusato di aver passato informazioni confidenziali a Julian Assange, cofondatore di WikiLeaks, organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riceve documenti segreti di Stato, militari, industriali e bancari in modo del tutto anonimo e protetto. Tra gli oltre trecentomila documenti forniti da Manning a WikiLeaks, attestanti comportamenti immorali dei soldati statunitensi durante la guerra in Iraq, quali abusi e torture, uno in particolare destò notevole scalpore: il celebre video Collateral murder, che rivelò l’attacco aereo americano del 12 luglio del 2007 a Baghdad ai danni di 18 civili del tutto disarmati. Manning fu rapidamente arrestato e condannato nei mesi successivi a ben 35 anni di carcere. Subito dopo aver appreso la sentenza, Bradley annunciò la sua volontà di voler intraprendere un percorso di transizione di genere, divenendo così Chelsea Elizabeth Manning.

cms_16557/3.jpg

Nonostante la sua scelta, Manning fu rinchiusa in un penitenziario maschile e solo nel 2015 le fu finalmente concessa la cura ormonale. Un cammino tortuoso, costellato di ostacoli, maltrattamenti, condizioni disumane di isolamento forzato e immotivato che hanno creato non poco sdegno nell’opinione pubblica. Nel 2017, dopo aver scontato ben 7 anni di carcere e dopo innumerevoli tentativi di suicidio, Manning ottenne la grazia dal Presidente uscente Barack Obama, pur rimanendo assolutamente ferma sulla sua posizione. “Muoio di fame piuttosto che cambiare idea” ha affermato la donna riguardo il suo rifiuto di testimoniare contro Julian Assange.

Elena Indraccolo

Tags:

Lascia un commento



Autorizzo il trattamento dei miei dati come indicato nell'informativa privacy.
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.

International Web Post

Direttore responsabile: Attilio miani
Condirettore: Antonina Giordano
Editore: Azzurro Image & Communication Srls - P.iva: 07470520722

Testata registrata presso il Tribunale di Bari al Nrº 17 del Registro della Stampa in data 30 Settembre 2013

info@internationalwebpost.org
Privacy Policy

Collabora con noi

Scrivi alla redazione per unirti ad un team internazionale di persone dinamiche ed appassionate!

Le collaborazioni con l’International Web Post sono a titolo gratuito, salvo articoli, contributi e studi commissionati dal Direttore responsabile sulla base di apposito incarico scritto secondo modalità e termini stabiliti dallo stesso.


Seguici sui social

Newsletter

Lascia la tua email per essere sempre aggiornato sui nostri contenuti!

Iscriviti al canale Telegram