Dopo un anno di silenzio, la principessa saudita Basmah Bint Saud chiede aiuto

"Sono stata rapita senza spiegazioni insieme a una delle mie figlie e gettata in prigione".
La principessa Basmah Bint Saud rivolge un accorato appello alle massime cariche del regno wahhabita - re Salman e il principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs), artefice delle politiche di repressione in atto contro rivali e oppositori - chiedendo loro di “rivedere la mia vicenda e di rilasciarmi perché - termina il messaggio in lingua araba e inglese - non ho fatto nulla di male”.
Nel messaggio ritenuto autentico, la donna denuncia inoltre di non aver ricevuto cure mediche e nemmeno alcuna risposta alle lettere inviate in questi mesi dal carcere ai membri della famiglia reale.
Oggi sappiamo da un feed di twetter che la principessa è, in effetti, detenuta in una prigione in Arabia Saudita senza alcuna accusa.
La 56enne principessa è l’ultima dei 115 figli concepiti con diverse mogli e concubine varie dall’ex sovrano Abdalá bin Abdulaziz, nata poco dopo il colpo di Stato che costrinse il padre ad abdicare in favore del fratello Salman. Vede il genitore solo un paio di volte prima che muoia nel 1969 poi con sua madre, Jamila Merhi, parte per Beirut e allo scoppio della guerra civile in Libano, insieme a lei si trasferisce nel Regno Unito.
La principessa Basmah torna in Arabia Saudita nel 1988, sposa Shuja Bin Nami Bin Shahin da cui avrà cinque figli e da cui divorzierà nel 2007. Si dedicherà con impegno alla sua attività di giornalista e aprirà una sua catena di ristoranti che progetta di estendere anche nel Regno Unito.
Per anni la principessa Basmah Bint Saud è stata una donna coraggiosa, di grande apertura mentale che ha sostenuto molte lotte sociali di emancipazione utilizzando diversi mezzi di comunicazione.
Attraverso un’intervista alla BBC nel 2012 chiese ad esempio di modificare la costituzione in Arabia Saudita per consentire alle donne lo stesso trattamento riservato in Tribunale agli uomini al fine di proteggerle dai capricci dei singoli giudici. Con lo stesso impegno ha criticato le leggi sul divorzio del regno per non aver protetto i diritti delle donne ed ha dichiarato che il sistema educativo saudita "ha lasciato i nostri giovani vulnerabili alle ideologie fondamentaliste che hanno portato al terrorismo". Nel 2018 ha inoltre criticato con forza la guerra nello Yemen, il cui artefice e massimo ispiratore è proprio il principe ereditario Mbs.
La coraggiosa principessa ha dato voce al suo pensiero servendosi di ogni mezzo, palesando quelle idee comuni e condivise tra i dissidenti sauditi ma sottaciute dalla maggior parte per paura di ritorsioni, senza tuttavia mancare di elogiare l’operato del Regno a ogni progresso fatto per migliorare la condizione di vita del popolo.
"C’è un progresso in Arabia Saudita e nella questione dei diritti umani in Arabia Saudita che viene esaminato più seriamente di prima."
Nei suoi messaggi sta molto attenta a non scagliarsi direttamente contro la famiglia reale di cui si sente parte, attaccando piuttosto la fitta rete di governatori, amministratori e plutocrati che gestiscono il paese.
La sua libertà di espressione viene però limitata quando, parlando alla BBC araba fa una critica al principe Mohammed, che aveva iniziato un piano radicale chiamato Vision 2030, un piano che cercava di cambiare l’economia del regno lontano dal petrolio e aprire la società saudita.
"Ha una visione, Vision 2030, e vedo che in quella visione c’è una direzione verso un tipo d’isolamento di tutti quelli che non sono d’accordo con quella visione" .
Probabilmente è stata questa l’affermazione che non è andata molto a genio al principe regnante perché di lì a poco in maniera repentina la principessa smette ogni comunicazione se non per qualche messaggio religioso.
Oggi la Deutsche Wellerivela un altro dettaglio importante:le comunicazioni della principessa, seguite da migliaia di persone, erano sorvegliate da qualche tempo ma con ogni probabilità quello che ha portato alla definitiva decisione di bloccarla è stata la sua imminente e forse temuta partecipazione a un evento letterario sponsorizzato da Emirates Airlines dove la principessa avrebbe dovuto presentare il suo libro The Fourth Way Law.
A quel Festival Basmah bint Saud non arriverà mai, e da quel periodo in poi si perdono le sue tracce. L’ultima cosa che si sa di lei è che doveva andare in Svizzera per ricevere cure mediche per una grave forma di osteoporosi e per dei problemi cardiaci.
Quello della principessa si aggiunge dunque al lungo elenco di membri della famiglia reale arrestati. È, infatti, solo di qualche settimana fa la notizia di alcuni arresti eccellenti: il fratello più giovane del re, il principe Ahmed bin Abdulaziz, l’ex principe ereditario Mohammed bin Nayef e di suo fratello, il principe Nawaf bin Nayef che seguono a loro volta la lunga scia di arresti clamorosi avvenuti nel 2017 quando furono rinchiusi oltre 300 uomini d’affari e politici, e almeno undici principi accusati di corruzione nell’hotel Ritz-Carlton di Riad. Uno di loro, Turki bin Abdullah, è ancora detenuto.
Ma la principessa non è stata relegata in un hotel o in una villa di lusso. Lei è stata rinchiusa in un carcere situato circa 40 km a sud della capitale, il carcere di al-Hayer il più grande centro detentivo di massima sicurezza del Paese al cui interno è segregata dal febbraio 2019 anche l’attivista e femminista saudita Loujain al-Hathloul.
Diventa spontaneo chiedersi perché alla principessa non sia stato riservato il solito trattamento destinato ai parenti scomodi sistemandola in un hotel o in un appartamento di lusso, ma soprattutto ci si domanda quale odio abbia suscitato in Mohammed bin Salman.
È ancora la rete televisiva Deutsche Welle che racconta della tragedia di Basmah bint Saud iniziata nella sua casa di Jeddah sulla costa del Mar Rosso in Arabia Saudita il 1° marzo 2019, quando è prelevata dagli uomini della sicurezza dei Saud con sua figlia, Suhoud, ventisette anni.
Le autorità saudite a oggi non hanno rivelato i motivi dell’arresto, né si pensa che lo faranno, e non è nemmeno chiaro come la principessa abbia potuto scrivere da quel carcere e come i tweet con il testo dell’appello siano d’un tratto scomparsi dal web, come fa notare anche il New York Times che si è lungamente occupato della vicenda.
Di certo questi arresti sono chiaramente volti a bloccare la dissidenza interna alla famiglia reale per mantenere lo status quo e com’è ormai noto, il principe MbS non tollera le ingerenze delle attiviste per i diritti di donne, blogger, giornalisti (uno su tutti Jamal Khashoggi, trucidato dentro il consolato di Istanbul) e influenti esponenti religiosi. E di certo per tutelare il suo regno non risparmia nemmeno i parenti.
Le ragioni di quest’arresto restano tuttavia sconosciute così come quella avvenute il mese scorso per il principe Faisal bin Abdullah, anch’egli figlio di un re saudita, che è stato arrestato, lasciando la sua famiglia senza alcuna idea del perché e del dove sia detenuto.
Ciò che maggiormente sconcerta è che né la principessa né il principe, da quanto riferiscono persone informate, avevano mai avuto all’interno del proprio Paese un potere o un’influenza tale da contrastare in maniera efficace il principe regnante.
Analisti ed esperti rilevano che dietro l’arresto della donna vi sarebbero altre questioni, oltre alle campagne per i diritti umani: in particolare la lotta per il possesso di un terreno a Taëf e il controllo di oltre due miliardi di euro depositati su alcuni conti svizzeri, riconducibili all’ex re Saud.
Ipotesi, supposizioni. Al momento quello che è certo è che nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam cui è pericoloso contrapporsi.
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