ECHI DALLA PRIGIONE DEL POPOLO

SIATE INDIPENDENTI. NON GUARDATE AL DOMANI, MA AL DOPODOMANI

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Sulle note del Silenzio, Sergio Mattarella pone una corona tricolore sul nuovo monumento dedicato agli agenti della scorta di Aldo Moro, uccisi dalle Brigate Rosse. Presenti alla commemorazione la sindaca Raggi, i familiari delle vittime e le massime autorità politiche. A Roma, in via Fani, quarant’anni fa avvenne la deportazione dello statista Aldo Moro e l’uccisione di cinque eroi, che hanno rimesso la vita per il lavoro, malgrado avrebbero dovuto essere meglio supportati e preparati a questa evenienza, considerando anzitutto che le loro auto non fossero blindate. Nello stesso giorno in cui si ricorda il rapimento dell’onorevole, il 16 marzo scorso, al centro sociale di estrema sinistra Cpa di Firenze sud viene presentato il libro scritto da un’ex brigatista non pentita. Sprezzante del disappunto per le sue parole - “C’è una figura, la vittima, che è diventato un mestiere”, dirà - Barbara Balzerani parla con convinzione della sua opera, che tratta dell’incontro di due donne in carcere.

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La donna, attualmente, sta scontando l’ergastolo, ma ha ottenuto di promuovere il suo libro e può dire a testa alta quello che pensa, percorrendo una corsia preferenziale, quasi che il suo operato pregresso fosse una qualità curriculare. Era una componente del commando che organizzò il rapimento di Moro e l’eccidio di via Fani. I brigatisti hanno rapinato e ucciso, cercando una scusante in una logica di morte, nel tentativo di sovvertire le istituzioni democratiche del Paese. Non ci fa star bene vederli ancora, né tantomeno ascoltare le loro parole, oltrepassando e violando il confine tra giusto e sbagliato, perché nulla, tantomeno il tempo, fa cadere in prescrizione quanto successo in passato.

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Ritrovato morto nella Renault 5 rossa, dopo 55 giorni di prigionia, Aldo Moro viene ucciso ogni qualvolta si cerca di alterare o speculare sulla sua figura. La sua famiglia ha pianto e perdonato, “ma le lacrime non bastano per lavare il sangue” commentò l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Aldo Moro, figlio di Terra di Puglia. Tra le sue tante opere, contribuì a scrivere la nostra Carta Costituzionale. Secondo di cinque figli, nasce a Maglie, Lecce, il 23 settembre 1916 da Renato, direttore didattico, e Fida Stinchi, maestra. Si laurea a Bari nel 1938.

I giovani di questa generazione lo conoscono poco benché l’università degli studi di Bari, in cui il professore deteneva la cattedra di storia, porti il suo nome, e molte strade italiane siano a lui intestate. “Siate indipendenti. Non guardate al domani ma al dopodomani”: questa frase è la sintesi di quel che è stato Aldo Moro ed è il testamento che ha lasciato.

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Lo statista pugliese ha fatto parte di quella generazione di giovani che, dopo la violenza e l’oscurantismo della dittatura fascista e dopo gli orrori del Secondo Conflitto Mondiale e del nazismo, si è spesa per favorire la nascita di un Paese democratico, affinché le donne e gli uomini potessero vivere pienamente la loro esistenza con libertà consapevole. Le Brigate Rosse hanno voluto interrompere la sua opera, come anche hanno fatto con altri uomini seriamente impegnati a costruire una società migliore.

Restano molti punti di domanda ancora non chiariti. Niente di risoluto è stato fatto per salvarlo. Abbandonato ai rapitori come in un silenzioso patto tra le Brigate Rosse e il Governo - perché sappiamo bene che, in queste circostanze, si verifica solitamente una sorta di accordo tra chi agisce e chi lascia fare. Come tutti gli uomini che lottano per la bandiera della verità, Aldo Moro è stato sicuramente un personaggio “fastidioso”.

cms_8779/5.jpgIn una sua lettera, indirizzata all’amico Francesco Cossiga con data 29 marzo 1978, Moro considera di essere un prigioniero politico, sottoposto, in quanto presidente della Democrazia cristiana, ad un processo volto ad accertare le sue trentennali responsabilità. Sebbene in verità fosse tutto il gruppo dirigente politico ad essere chiamato in causa, è l’operato collettivo ad essere sotto accusa. Aldo Moro fu il precursore del compromesso storico, aperto ad un dialogo tra la Democrazia cristiana e il Partito comunista italiano sin dalla proclamazione della Prima Repubblica, avvenuta nel 1948. Ma il suo atteggiamento di apertura verso il Partito comunista desta troppe polemiche dal suo partito, e dalle Brigate Rosse, che vedevano in lui l’emblema di quell’accordo che avrebbe assoggettato il Pc allo stato democratico, tanto detestato dai brigatisti rossi.

Susy Tolomeo

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