EGITTO, RILASCIATO L’ATTIVISTA RAMY SHAATH

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Le autorità egiziane hanno liberato l’attivista per i diritti umani egiziano-palestinese Ramy Shaath, reduce da oltre 900 giorni di detenzione, dopo averlo costretto a rinunciare alla sua nazionalità egiziana. A renderlo noto sono stati i suoi familiari la mattina dello scorso 8 gennaio.

Nel comunicato si afferma che Shaath, membro di diversi gruppi politici laici in Egitto e co-fondatore del movimento egiziano BDS filo-palestinese, è stato rilasciato la sera del 6 gennaio e consegnato a un rappresentante dell’Autorità Palestinese al Cairo prima di essere trasferito in Giordania e di mettersi in viaggio verso la Francia, dove risiederà.

La moglie francese di Shaath, Celine Lebrun Shaath, che era stata espulsa dall’Egitto dopo il suo arresto, aveva chiesto l’aiuto delle autorità diplomatiche e del governo francese affinché facesse pressioni sull’Egitto per la liberazione del marito.

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dichiarazione si esprime il rammarico della famiglia per il fatto che il governo egiziano abbia costretto Shaath a rinunciare alla propria cittadinanza. Shaath è stato arrestato in Egitto nel giugno 2019 e tenuto in custodia cautelare insieme ad altri attivisti con l’accusa di aiutare un gruppo terroristico. La sua detenzione è avvenuta nel bel mezzo della repressione totale di qualsiasi forma di dissenso politico nei confronti del regime instaurato dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, che ha messo a tacere tanto i critici liberali quanto gli islamisti della Fratellanza Musulmana, la cui cacciata è stata guidata da Sisi nel 2013.

Al-Sisi ei suoi sostenitori continuano ad affermare che non ci sono prigionieri politici in Egitto e che sono state necessarie misure coercitive per stabilizzare il Paese dopo una rivolta del 2011. Di tutt’altro avviso sono, invece, le organizzazioni internazionali per i diritti umani.

L’opinione pubblica francese, il mese scorso, aveva sollecitato attraverso diverse organizzazioni non governative il presidente Emmanuel Macron a dare una risposta sul caso di Shaath. Anche a questo proposito il leader francese aveva dichiarato circa un anno fa di aver girato la domanda al suo omologo egiziano. Macron aveva dato una sprezzante conclusione, affermando che i diritti umani non sarebbero stati una condizione per i legami economici e militari con il Cairo. Anzi, in un atteggiamento ormai pienamente neo-imperialista, aveva già precedentemente dichiarato a maggio che avrebbe consegnato 30 aeroplani da guerra all’Egitto, tra cui il Dassault Rafale, un aereo da caccia multiruolo prodotto dalla Dassault Aviation, importante azienda francese. La commessa dovrebbe essere consegnata a partire dal 2024 con un accordo da 4 miliardi di euro, rafforzando la partnership militare tra i due paesi.

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Molti in queste ore hanno voluto evidenziare paragoni tra il caso Ramy Shaath e quello Patrick George Zaki. Tuttavia, escludendo che Patrick Zaki è anch’egli un sostenitore dei diritti umani, non ci sarebbe con il caso sopra descritto altra affinità. Infatti, il caso di Ramy Shaath ha per molti versi il sapore di un conflitto interno al mondo arabo. Innanzitutto, Ramy Shaath è un politico egiziano-palestinese di 48 anni con notevole esperienza; suo padre, Nabil Shaath, è stato vice-primo ministro dell’Autorità nazionale palestinese e attualmente è consigliere sugli Affari esteri del presidente Mahmoud Abbas.

In secondo luogo, quello di Shaath fu un sequestro organizzato nel dettaglio dalle forze di sicurezza egiziane. Una dozzina di agenti pesantemente armati avevano fatto irruzione e perquisito la sua casa, senza presentare alcun mandato legale. Sua moglie, immediatamente prelevata, era stata usata come garanzia di un patto di non interferenza nei confronti della Francia ed espulsa senza poter incontrare nessuna autorità consolare francese.

Carlo Coppola

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