EGO NAUTA: FOTOGRAFO DELL’ASSENZA

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EGO NAUTA: un nome davvero particolare che evoca all’artista - all’anagrafe Mauro Bruschi - ricordi più che piacevoli.

Era il nome di una band di amici che suonava il genere post-rock, un genere che ha subito sentito suo in quanto trascrizione musicale dei suoi due artisti preferiti: il pittore Edward Hopper e lo scrittore Raymond Carver.

Quando il gruppo si scioglie, Mauro decide di raccogliere quel nome per dargli un significato tutto suo, legato al proprio percorso interiore. Un percorso che ancora non sapeva dove lo avrebbe portato ma che era, comunque, un “navigare dentro se stesso”. Questo percorso si chiama fotografia.

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Introverso, taciturno, apparentemente ombroso e solitario, Ego Nauta è in realtà un artista dall’acuta sensibilità, capace di andare ben oltre il visibile. Per capirlo, basta entrare nel suo mondo.

“Le macchine fotografiche hanno sempre girato per casa perché mio padre ha fotografato sia per lavoro che per piacere personale - racconta. Tuttavia né io ci ho dato peso, né lui mi ha mai coinvolto più di tanto in questa sua passione. Personalmente, mi è sempre piaciuto fare degli scatti ma non ho mai dato peso alla cosa finché non si è prodotto un fatto, apparentemente banale, che mi ha fatto rivalutare le mie capacità. All’epoca avevo un’officina di moto in comune con degli amici e un giorno ho avuto la necessità di ingaggiare un fotografo per fare degli scatti professionali. Il preventivo era talmente salato che ho deciso di comprare una macchina fotografica su un sito online e di fare io stesso le foto.”

Il resto è storia. Da quel momento Mauro Bruschi diventa Ego Nauta.

Dal post-rock all’officina e dall’officina alla fotografia. Una mescolanza di piacere e di bisogno.

Spesso è così che funziona: l’ispirazione si manifesta attraverso il quotidiano, attraverso le necessità di ogni giorno, fino a trasportarci in un mondo che ci attende da sempre.

Quando Mauro ha compreso che quel mondo - il mondo della fotografia - era davvero il suo, ha salutato amici e officina ed ha iniziato a fotografare “duro”.

Contemporaneamente ha intrapreso un percorso di conoscenza di sé che lo ha spinto ancora più in profondità, fin nelle viscere della propria anima. EGO NAUTA = navigatore del proprio Sé”.

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“Cattedrale” - foto by Ego Nauta

Ho capito che la fotografia era la mia dimensione perché mi piaceva proprio, mi emozionava riguardare i miei scatti - spiega. Inoltre mi sono reso conto che attraverso di essa riuscivo ad esprimere delle sensazioni e delle emozioni per le quali non trovavo le parole.“

Tuttavia sono stati “gli altri” a scorgere in lui la stoffa dell’artista. Prima di tutto un’amica che, ripetendogli quanto i suoi lavori fossero belli e meritassero di essere visti, lo convinse ad aprire un profilo Instagram. Iniziarono quindi ad arrivare commenti positivi degli utenti e, in seguito, le proposte di collaborazione da parte di Gallerie d’arte. Dinanzi a tutto ciò il pensiero dell’artista è stato: “Ma vuoi vedere che sto davvero facendo qualcosa di bello? Che ha un senso anche per gli altri, oltre che per me?”

Sì perché quando si scava dentro se stessi, spesso si trova anche per gli altri. La luce che liberiamo, ripulendo la fiamma da ciò che la ricopre e la nasconde, finisce per illuminare anche chi ci sta intorno.

Da sempre Ego Nauta è innamorato della lettura, in particolare dei racconti brevi di Raymond Carver. Il libro è da sempre il luogo in cui ricerca le risposte alle sue domande esistenziali e dove confronta le proprie esperienze con quelle altrui. La fotografia gli ha permesso di dare un volto a queste domande ed anche di trovare un barlume di risposta, una “luce”.

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“Chiamata” - foto by Ego Nauta

La luce di cui parlo si manifesta in tutto il suo splendore in questa foto, il cui il fascio sembra collegare cielo e terra in un silenzio squarciato soltanto dei fotoni. “C’è qualcosa di metafisico nella luce perché è il racconto di una presenza”, spiega. Una presenza che, in questo caso, viene dall’alto per illuminare un piccolo lembo di terra, squarciando, per lui, la notte.

Nell’esatto momento in cui Mauro Bruschi si stava trasformando in Ego Nauta, un forte dolore esistenziale gli solcava l’anima. Spesso ciò accade nei momenti di grande mutamento, come per il bruco che si trasforma in farfalla o come per il serpente che, per poter cambiare pelle, se la strappa di dosso. Un dolore necessario che permette di non rimanere intrappolati nella vecchia vita.

Il dolore non è qualcosa di sterile o di fine a se stesso ma è il luogo dell’epifania, della “manifestazione”. “È stata una sorta di liberazione, per me, riuscire a far vedere cosa stavo vivendo in quel periodo - racconta. È stato come aver trovato un alfabeto che mi permetteva di farmi comprendere dalle persone che avevo accanto.”

La fotografia gli ha permesso di raccontare se stesso in maniera simbolica ma comprensibile, come pure di leggersi e di farsi leggere senza l’uso delle parole. È attraverso la luce e la sua assenza che l’anima di Ego Nauta si è manifestata.

Ecco il “clou” di tutta la sua produzione artistica: l’ASSENZA.

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“Fog” - foto by Ego Nauta

“È nell’assenza che troviamo la presenza - sostiene. Claudio Parmiggiani, un artista che amo particolarmente e che ha realizzato opere stupende su questo tema, ama citare il fatto che nessuno ha mai visto Gesù, eppure sono secoli che il mondo parla di lui. Allo stesso modo, anch’io cerco la presenza nell’assenza”.

E aggiungerei, la presenza DELL’assenza, perché è proprio nella mancanza, nel vuoto che si avverte ciò che effettivamente c’è pur non essendo manifesto. Come Michelangelo vedeva le sue sculture intrappolate nel marmo, così Ego Nauta percepisce la presenza nell’assenza, la luce nelle tenebre.

Nella foto intitolata “Fog”, la nebbia invernale offusca tutto, copre, nasconde eppure la strada da percorrere la si trova ugualmente. Grazie alla luce. “Se non ci fosse la luce - spiega l’artista - non troveresti la strada. E comunque, per vedere la luce bisogna essere al buio”.

È la “Notte oscura dell’anima” di San Giovanni della Croce, è la missione di Ade-Plutone, sovrano del regno delle tenebre, che ci spinge sull’orlo del baratro per permetterci di dispiegare le ali che non sappiamo di avere.

L’assenza non è mai vera assenza ma è anticipazione della presenza.

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Foto by Ego Nauta

Ciò è visibile nella foto qui sopra dove si percepisce perfettamente il dialogo tra luce e ombra.

La donna, simbolo dell’anima di ciascuno di noi, del nostro Sé profondo, instaura un dialogo faccia a faccia con la luce che proviene da “altrove”. Dinanzi ad un incontro del genere ci si sente come sospesi a mezz’aria, si perdono i punti di riferimento che fino a quel momento ci hanno sostenuti: lo spazio, il tempo, la dimensione. Eppure restiamo noi stessi, esseri umani fragili e un po’ caotici, raffigurati da quel mazzo di fiori, unico elemento in movimento in una scena dove imperano la calma e il silenzio.

Le opere di Ego Nauta sono spunti di riflessione e introspezioni profonde. “In realtà non sono interessato a comunicare qualcosa di me, mi importa comunicare qualcosa di me a me stesso - spiega. All’osservatore voglio invece lasciare questo messaggio: fermatevi a guardare davvero, perché la bellezza non è sempre così immediata”.

Impariamo, dunque, a colmare la distanza tra guardare e vedere perché ciò che è nascosto acquista ancora più fascino se lo si cerca, se ci si prende il tempo di perdersi gli uni negli occhi dell’altro.

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L’intervista che segue è stata realizzata da Simona HeArt per la rubrica “Sguardi sull’arte contemporanea con Simona HeArt”. L’articolo è pubblicato su “International Web Post”.

#sguardisullartecontemporaneaconsimonaheart #simonaheart

Contatti di Ego Nauta:

www.egonauta.com

IG: @egos_nauta

Simona HeArt

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