EMANUELA BOTTI

La boem della libertà

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È nata il giorno di San Valentino, Emanuela Botti - in arte BoEm - poetessa dell’amore.

Una fortuita coincidenza? Non credo proprio, piuttosto un segno, una premonizione di ciò che sarebbe accaduto in seguito.

Quella di Emanuela è una “vocazione tardiva”, se così possiamo definirla e questo non dovrebbe stupirci: dare forma ai sentimenti, alle emozioni presuppone che queste ultime vengano prima di tutto vissute, assaporate, incarnate. E spesso ci vuole del tempo.

Il suo primo libro, “Le Fate ingorde”, riassumo perfettamente questo suo percorso, ovvero quello di una donna libera che si nutre di quanto il banchetto della vita le pone dinanzi.

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La poetessa Emanuela Botti, in arte BoEm

Pubblicato nel 2018 da La Vita Felice editore, questo piccolo libretto nasce dall’incontro con il poeta e critico letterario Elio Pecora che, come racconta l’autrice, ha avuto la fortuna di conoscere in una soleggiata giornata romana. “Ci siamo incontrati a Campo dei Fiori: è stato molto cordiale e disponibile nei miei confronti, tanto da essersi preso la briga di leggere tutte le poesie - un centinaio - che avevo portato con me. Il titolo del libro nasce proprio dalla sua lettura attenta di una mia poesia - “Gli uomini che si voltano” -, nel quale era nascosto. Devo quindi a lui il “battesimo” di questa mio prima raccolta”.

Elio Pecora è anche, in qualche modo, il “responsabile” del nome d’arte di Emanuela Botti: BoEm.

Questo nome, che assomiglia più che altro ad un titolo, rievoca il concetto bohémien di anticonformismo, passione, sregolatezza e libertà.

Titolo che, secondo Emanuela, le calza a pennello. Come mai?

“Perché sono un abbastanza ribelle, trasgressiva, libera e mi piacciono le cose inusuali. Inoltre scrivere poesie mi ha resa più coraggiosa perché ho imparato a mettermi a nudo e, quindi, ad essere più consapevole di me stessa. La poesia è il filtro attraverso il quale non soltanto guardo il mondo ma lo vedo.”

Viene da chiedersi cosa sia mai la poesia, in realtà. Dubito fortemente, a questo punto, che si tratti solo di una forma letteraria, ci dev’essere dell’altro. Molto altro.

Wislava Szymbrorska, poetessa polacca e premio nobel per la letteratura nel 1996, disse:«Cos’è mai la poesia?

Più d’una risposta incerta è stata già data in proposito. Ma io non lo so, non lo so e mi aggrappo a questo come alla salvezza di un corrimano.»

BoEm fa sue queste parole e sottolinea il fatto che la poesia è più di un luogo di riflessione, è uno spazio di conoscenza. “Quando qualcuno legge una poesia - sostiene - non dovrebbe mai chiedersi cosa ha voluto dire il poeta perché non è questa la cosa importante. Ciò che conta è che il lettore trovi, in quella poesia, un pezzo di se stesso. Ecco qual è la vera magia, qual è il segreto della poesia pura”.

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“Le fate ingorde” di Emanuela Botti - BoEm

Leggere una poesia non è un semplice atto culturale ma è lasciarsi toccare dal suono delle parole, un po’ come quando si ascolta musica. Una poesia ci piace non tanto per la sua costruzione grammaticale ma perché ci tocca profondamente, perché fa vibrare le corde dell’anima, portando in superficie qualcosa che ci abita dentro.

In un tempo in cui si legge veramente poco rispetto al passato, il linguaggio poetico - in particolare - può risultare particolarmente ostico e duro da masticare. Per quanto breve, il testo poetico è sicuramente meno immediato di un testo in prosa: per questo va assunto in pillole, come una medicina e lasciato sciogliere in bocca lentamente. Il principio attivo, per continuare con la metafora, non sono le parole ma le emozione suscitate dai concetti scritti. Poi tutto il resto lo fa il lettore, con la sua fantasia e la sua immaginazione. E, soprattutto, con la sua esperienza di vita.

“Ogni parola è un universo”, afferma BoEm e non si può pretendere di esplorare l’universo in un batter d’occhio. Ci vuole pazienza, costanza, passione. Quella stessa parola risuona, inoltre, in maniera diversa per ciascuna persona. Per questo non bisogna focalizzarsi su ciò che ha voluto dire l’autore: l’importante è ciò che dice A TE.

A quanti sostengono di non leggere le poesie perché non le capiscono, BoEm risponde che la verità è un’altra: il freno viene dalla paura di mettersi in gioco, di incontrare se stessi, di andare a fondo alla propria umanità.

Oppure, in alternativa, perché non sanno come approcciarsi. Anche nel mondo dell’arte, spesso le persone contemplano un dipinto senza comprenderlo. E qui sta l’inghippo: non c’è nulla da comprendere! In realtà c’è solo da accogliere, ascoltando le sensazioni che quell’opera d’arte suscita in noi.

Vale per la poesia ciò che vale per le arti figurative: l’emozione in primis.

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“Immor(t)ale” di Emanuela Botti - BoEm

Quando e come Emanuela Botti è diventata BoEm?

“In realtà tutto è iniziato per caso e la poesia è arrivata in età matura anche se ho sempre sentito dentro questa chiamata. Diventare BoEm è stato come la visita inaspettata di un amico, una visita che, tra l’altro, ricevo tutti i giorni perché io scrivo tutti i giorni! Le mie poesie sono caratterizzate da una molteplicità di stati d’animo: non scrivo soltanto di situazioni di sofferenza o simili ma moltissime mie poesie sono cariche di passione e di gioia. Ecco, la gioia è un elemento molto presente nei miei scritti. Ho scritto anche molte poesie erotiche perché anche l’erotismo è poesia.”

“Immor(t)ale”, l’ultima sua raccolta, va proprio in questo senso: una severa confessione di sé, un viaggio tra luci ed ombre dove solo una lettera - la “t” - fa la differenza tra la terra ferma e l’orlo del precipizio.

Quindi il suo percorso di poetessa è iniziato così, per un impulso interiore incontrollabile. Dopodiché ha iniziato a far leggere i propri scritti a persone che riteneva in grado di comprendere certe “nudità“- perché scrivere poesie è mettersi a nudo- e non soltanto queste persone l’hanno spronata ma le hanno fatto da specchio, restituendole un’immagine più consapevole di se stessa. A questo punto BoEm non ha fatto altro che lasciar scorrere questo fiume interiore: togliendosi di dosso “un po’ di strati”, sostanzialmente si è liberata.

Per BoEm la poesia è stata una vera e propria terapia.

“Se è vero che ho iniziato a scrivere sull’onda di un dolore, come spesso succede, in seguitomi sono riscoperta un concentrato di gioia e di libertà. La poesia per me è libertà”, afferma.

La poesia è anche coraggio.

Il coraggio - va ricordato - non è l’assenza di paura ma è una paura superata e vinta. Èla chiave che apre le manette e sblocca le catene: è la via maestra alla vera felicità

«Il coraggio sono io, ogni volta che mi fermo ad ascoltare la mia paura», recita un aforisma.

Rendiamolo ancora più semplice: il coraggio sono IO. Chi raccoglie la sfida?

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L’intervista che segue è stata realizzata da “Tavoli HeArt” per la Social TV della storica Libreria Bocca di Milano, all’interno della splendida cornice di Galleria Vittorio Emanuele II.

La Libreria Bocca dal 1775 è locale Storico d’Italia con il patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

L’articolo è pubblicato su “International Web Post” che, nella persona del suo fondatore e direttore Attilio Miani, si fa portavoce della partnership tra un quotidiano di informazione internazionale e una libreria storica unica nel suo genere.

#socialtvlbocca

Dove trovare Emanuela Botti:

https://www.instagram.com/sono.boem/

Simona HeArt

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