ENRICO DI BORBONE PARMA E LA SUA CONQUISTA POLARE

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Nella rassegna “MARE ESTATE 2015”, rappresentata al Museo del Mare di Trieste, una sorpresa che non poteva non cogliere piacevolmente l’uditorio è stata l’intrigante esposizione delle poco note avventure di un navigante sui generis quale fu Enrico di Borbone-Parma, conte di Bardi, figlio del duca di Parma Carlo lll e della principessa Luisa Maria di Borbone-Francia.

cms_2630/11aah39.jpgIn compagnia della consorte Aldegonda di Braganza con cui condivise la passione per i viaggi e il collezionismo, movendosi dal dorato esilio del palazzo nobiliare sito in via Lazzaretto vecchio nella Trieste del XlX secolo, a partire dal 1885 Enrico di Borbone-Parma si portò in giro per il mondo con tappe in Messico dove raggiunse Massimiliano d’Asburgo e nei Caraibi; essendosi spinto ad Oriente sino alla Muraglia Cinese per passare in Giappone dove l’imperatore Mikado, nel concedergli amicizia e favori, volle esaudirne la tendenza religiosa permettendo l’ingresso delle missioni cattoliche nel suo impero; così, proprio nei paesi dell’Estremo Oriente, assecondando la sua passione di raffinato collezionista, Enrico di Borbone acquistò una molteplicità di oggetti che sarebbero andati a formare la ricca collezione di 36000 pezzi di antiquariato del Museo d’arte Orientale in palazzo Ca’ Pesari a Venezia. Tuttavia, di questo colto esponente della gaudente nobiltà dell’epoca va rilevato ben altro dalla sua passione per i viaggi tra l’India e l’Estremo Oriente, essendosi reso protagonista di ben due spedizioni a carattere esplorativo-scientifico sulla rotta polare artica. Su quella rotta, più che mai ardua per la scarsa conoscenza che se ne poteva avere ai suoi tempi, Enrico di Borbone si avventurò per la prima volta nel 1885 a bordo di una lussuosa imbarcazione di ben 86 tonnellate e 37 metri di lunghezza: lo yacht Fleur de Lys, affidato agli ufficiali Riccardo de Barry e Giovanni Suttora con dodici marinai reclutati a Trieste.

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Portandosi dalla Norvegia a Capo Nord raggiunse l’isola degli Orsi, entrò nei fiordi e, avvistate le isole Spitzbelghern, vi si addentrò lasciandovi un segno del suo passaggio nel cippo a mò di croce che fece innalzare in ossequio alla sua fede di fervente cattolico. Nella Baia del RE innalzò un piccolo mausoleo ed una stazione di ricerca; quindi, si occupò di eseguire rilievi cartografici in cui riportò misurazioni dei fondali oltre ai ghiacciai che volle identificare dando loro un nome, primo fra tutti quello di Aldegonda moglie e compagna d’avventura. Oltre alla scoperta di giacimenti di carbone gli si devono interessanti deduzioni di natura geologica inerenti Capo Toscana e il monte Maria Teresa, così denominato in onore della nobildonna con il ruolo di prima dama alla corte Austriaca dopo la morte della imperatrice Sissi.

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Dopo essere risalito verso l’80° parallelo, dove i ghiacciai erano sempre più imponenti e non c’era traccia di vita, nemmeno di trichechi nè di orsi; nel 1891 concluse questa prima spedizione facendo rotta verso l’Inghilterra dove fondò un prestigioso Yacth Club cui aderirono i più quotati nobili dell’epoca. Come emblema di un tale Club, questo gaudente navigatore conte di Bardi acquistò una nuova imbarcazione ancora più poderosa cui diede lo stesso nome Fleur de Lys, conferendole la bandiera militare austriaca in previsione di militarizzarla, a disposizione dell’imperatore d’Austria, in caso di guerra; come effettivamente in seguito sarebbe avvenuto.

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Intanto, nel 1892, a bordo di questa seconda Fleur de Lys , con la solita compagnia della consorte e di pochi amici, l’instancabile Enrico di Borbone-Parma conte di Bardi partì per la seconda spedizione e, ripercorrendo lo stesso tour della prima, avanzò dalle Spitzberghen sempre più a Nord e diede il nome di Braganza Bay ad una baia scoperta dalla moglie Aldegonda e dalla di lei sorella mentre insieme ad altre dame a bordo erano dedite ad una accanita caccia di renne e trichechi. L’ulteriore passaggio a Nord Est per ricercare un deposito relativo alla precedente spedizione fu impedito da una enorme banchisa compatta; per cui si rese inevitabile tornare indietro.

cms_2630/Enrico_di_Borbone-Parma_Conte_di_Bardi.jpgMa tanto servì perchè questo intelligente navigatore decidesse di dedicarsi ad ulteriori e più approfonditi rilievi cartografici, con l’assegnazione dei toponimi delle Spitzberghen; inoltre, Enrico di Borbone si dedicò a quel primo studio delle popolazioni locali che sarebbe stato riportato in manoscritti etnografici alla fine di questa seconda spedizione conclusasi agli albori del 1900 con il ritorno a Trieste. Da questo dorato esilio Enrico di Borbone sarebbe partito ancora, nel 1903, verso nuove mete in Asia Minore; ma, durante una regata, un incidente gli avrebbe invalidato la schiena, fermando per sempre la sua personale conquista, non solo polare ma di qualsiasi altra parte del mondo. Non c’è chi non veda come la sorprendente vicenda terrena di Enrico di Borbone- Parma conte di Bardi, conclusasi a Mentone il 13 Aprile 1905, non abbia minor fascino di quelle più conosciute di altri principi della navigazione e, fra quelle, meriti di essere annoverata e divulgata.

Rosa Cavallo

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