ESODO ARMENO DAL NAGORNO-KARABAKH: OLTRE 100.000 I PROFUGHI

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cms_31929/0.jpegA seguito della presa, con la forza, della regione del Nagorno-Karabakh da parte dell’esercito azero, è iniziato il massiccio flusso di persone in fuga da quelle terre, in cerca di rifugio nella madrepatria armena. La regione “contesa” tra Armenia e Azerbaijan, in particolare l’autoproclamata repubblica dell’Artsakh, era di fatto un’enclave armena popolata da 120-140.000 persone. In pochi giorni già 100.000 di essi sono rientrati in Armenia, dando origine ad un’ennesima tragedia umanitaria. Nonostante le rassicurazioni del governo di Baku, secondo il quale non sarebbe stato torto un capello alla popolazione civile residente che, invero, sarebbe stata anche tutelata nella sua specificità, la gente comune ha deciso di lasciare ugualmente le proprie terre, le proprie case, per mancanza di fiducia nell’acerrimo nemico. Ed in effetti la polizia azera ha immediatamente arrestato Ruben Vardanyan, leader armeno del governo locale, riconosciuto al checkpoint mentre anch’egli stava cercando di scappare verso l’Armenia. L’emergenza che Yerevan adesso deve affrontare è di proporzioni enormi. L’equivalente di una media città italiana cerca adesso collocazione in un paese che non solo è di dimensioni molto modeste, ma che vive una situazione economica estremamente difficile. Tutte queste persone, anziani, bambini, necessitano di cibo, vestiti, assistenza medica.

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Le immagini della carovana chilometrica di auto e furgoni sono state persino riprese a livello satellitare. Per di più, come se non ci fosse mai limite alle tragedie, lunedì scorso si è registrata un’esplosione in un deposito di carburante nella capitale Stepanakert, presso il quale le persone erano in coda per far rifornimento per lasciare il territorio. Il bilancio è di almeno 170 morti. La dichiarazione da parte della autorità armene è ufficiale: dal 1° gennaio 2024 la Repubblica dell’Artsakh cesserà di esistere, il presidente Samvel Shahramanyan ha firmato il decreto sullo scioglimento di tutte le strutture della regione. Ma è il primo ministro Nikol Pashinyan ad essere considerato un traditore, mentre manifestazioni di piazza, che cercavano di assaltare il governo, hanno messo a ferro e fuoco la capitale nei giorni scorsi. Il vero e proprio esodo preoccupa ovviamente l’Unione Europea, il cui aiuto è stato espressamente richiesto dal direttore della Caritas armena Gagik Tarasyan “per fronteggiare quest’emergenza”. Su una popolazione totale del paese che annovera poco meno di tre milioni di abitanti, trovare una sistemazione per tutte queste persone è un problema. Alcuni hanno parenti in Armenia, molti altri però non hanno nessuno. Quello che gli resta è solo un’auto con una valigia, senza sapere dove andare. E se queste situazioni sono riferite anche a gente molto anziana, abbiamo la portata della tragedia che si sta consumando.

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L’UE ha già messo a disposizione cinque milioni di euro per i profughi e Joseph Borrell, Alto Commissario UE ha chiesto di poter avere un “accesso umanitario” nella regione, che deve essere garantito “senza ostacoli”. Dello stesso avviso l’Alto Commissario dell’Onu per i diritti umani Volker Turk, secondo il quale “la protezione di tutti i civili deve essere una priorità assoluta”. L’appello è stato espresso anche da Papa Francesco, “affinché tacciano le armi e si compia ogni sforzo per trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone e il rispetto della dignità umana”. Sulla pagina italiana della Caritas si legge che “Caritas Armenia, da anni molto attiva nell’assistere i profughi già presenti nel proprio territorio, si è mobilitata in particolare lungo il confine meridionale per fornire prima assistenza e, al loro fianco, Caritas Italiana e tutta la rete delle Caritas”. Quello che alla fine resta sono le parole di David Babayan, consigliere dell’amministrazione del Karabakh: “Il destino della nostra povera gente passerà alla storia come una disgrazia e una vergogna per il popolo armeno”.

(Si ringrazia la Reuters per la foto di copertina)

Enrico Picciolo

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