Elezioni a Roma: la campagna che ancora non scalda

A poco più di un mese dalle elezioni, la campagna elettorale capitolina sembra non essere ancora decollata, almeno in strada. Si perché sciabolate e proclami infiammano invece le pagine web dei candidati che prediligono post e registrazioni video alle sfide aperte. Anche le TV si concentrano sulle interviste piuttosto che sui dibattiti.
Almeno fino ad ora.
Sembra che la maggior parte degli sfidanti in corsa per la poltrona di sindaco stia puntando su una competizione breve, ma d’impatto. Inequivocabile segno di comprensibile preoccupazione.
Uniche eccezioni: Alfio Marchini e Virginia Raggi che nella corsa si sono buttati da tempo in modo più che visibile.
Se “Arfio”, per gli aficionados, ha bruciato tutti sul tempo, mettendo a segno una comunicazione basata sui contenuti, attenti a non promettere l’impossibile, Virginia, che ha dovuto per forza attendere l’incoronazione a suon di click, ha puntato sull’immagine, in barba a chi riteneva il Movimento immaturo e forse un po’ populista.
Al pacato, magari troppo, Bobogiac (Roberto Giachetti) va riconosciuto il primato di aver presentato le liste, rimettendole nelle mani dell’implacabile Rosy Bindi.
Giorgia Meloni, dopo una lunga tarantella di “vorrei, ma non posso”, quando ormai il centrodestra si era schierato in favore di Bertolaso, ha annunciato la sua candidatura, accendendo i riflettori su una coalizione entropica ormai allo sbando.
Se tra le stanze di FdI e Lega il sostegno dell’ex Cavaliere era dato per certo, forse per le pressioni di alcuni azzurri, a cose quasi fatte, Berlusconi ha confermato la corsa della sua seconda scelta: il city manager Guido Bertolaso.
Si perché la prima, Marchini, fu scartata da quegli stessi azzurri che volevano Meloni. Così il 21 aprile sulla terrazza del Pincio, si è inaugurata la destra priva della sua parte moderata, Forza Italia.
Che caos!
Se Bobogiac fa i conti con un elettorato che poco si riconosce nel Governo, Giorgia prova a scaldare il “core” dei romani. Ma la gente non è più quella di una volta e, oltre ai manifesti dai quali spesso scompare il simbolo di partito, vuol vedere nomi e contenuti, soprattutto dopo il quadro emerso dalle recenti indagini che hanno fotografato una città piegata dalla corruzione diffusa e trasversale.
Gli affari di Buzzi e Carminati hanno portato alla ribalta storie rosse e nere di un sodalizio tra politici, imprenditori e colletti bianchi che già in passato qualche magistrato aveva preconizzato.
Non è la Roma della gente onesta e disamorata della politica di ieri, che chiede a gran voce il ripristino della legalità e quella trasparenza della Pubblica Amministrazione declamata dal Decreto 33/2013. Non è la Roma di chi lavora onestamente, di chi chiede una città che funzioni e che torni ad essere orgoglio della Nazione. Non è la Roma che vede nel rinnovamento della classe dirigente una speranza di futuro.
Legalità e competenza dunque. Chi sarà il candidato che si mostrerà più affidabile nel raggiungere tali obiettivi, lo si vedrà nel corso di quest’ultima fase di campagna elettorale che forse inizierà davvero a scaldare i cuori, non con i colpi di scena, ma sollecitando le menti.
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