Elezioni in Israele

Netanyahu non raggiungerebbe la maggioranza di 61 seggi su 120

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Secondo gli exit poll, il Likud del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu e i suoi alleati della destra e dei partiti ultraortodossi non raggiungono la maggioranza di 61 seggi su 120 necessaria per formare un governo.

In soli sei mesi, Israele vede un’altra volta impegnati i suoi cittadini per le votazioni. La prima risale al 9 aprile, momento in cui Bibi - com’è soprannominato Netanyahu - ha ottenuto il suo quinto mandato, ma non è riuscito ad avere l’appoggio del partito di destra per formare il governo. L’affluenza si attesta a sei milioni e mezzo di israeliani, un numero piuttosto basso. Le elezioni sono state monitorate in maniera capillare grazie alla diffusione serrata di sistemi di videosorveglianza.

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Il leader Benjamin Netanyahu, che molti israeliani sperano vinca le lezioni col suo partito Likud, ha condotto Israele ad un vero e proprio recupero, portandola ad essere una potenza economica mondiale, in quanto è riuscito a ridurre il tasso di disoccupazione al 3,7% (dati di settembre 2019), una percentuale più bassa del 7% rispetto alla media OCSE. Il Pil nazionale, inoltre, è aumentato sensibilmente. In lui dunque molti israeliani ripongono la speranza affinché si possa contrastare il terrorismo di Hamas e di Hezbollah con la determinazione di sempre. Per assicurare la stabilità di Israele, Benjamin ha tentato con successo di consolidare la relazione di amicizia sia con Putin che con Trump.

Si teme, d’altra parte, la vittoria dell’ex generale Benny Gantz e del giornalista televisivo Yair Lapid, col partito Kahol Lavan (blu e bianco) per eventuali future alleanze “alternative”.

Le due formazioni hanno, al momento, rispettivamente 32 seggi. I seggi della Knesset sarebbero 120 in tutto, dunque si è lontani dalla maggioranza dei 61. Ayman Odeh, il deputato arabo più famoso del momento, è spinto con accanimento a contrastare l’avanzata di Netanyahu. Tuttavia, secondo gli ultimi sondaggi, al centro-destra potrebbero essere assegnati 57 seggi mentre al centro sinistra, arabi compresi, 54 seggi.

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Lieberman, il leader dell’estrema destra, sarebbe spinto a formare un governo di coalizione fra i socialisti ed il Likud senza la presenza di Bibi, il che favorirebbe l’appoggio dell’estrema destra religiosa.

É il processo per corruzione, in realtà, la ragione per cui l’attuale premier non è ben visto e la ragione probabilmente per cui non sarà rieletto.

D’altro canto, è doverosa una riflessione a proposito del Medio Oriente. Abu Mazen, vero e proprio tiranno terrorista, è il leader dell’Anp ed è al potere da 15 anni anch’egli corrotto. Con l’unica differenza che in Israele si indicono elezioni spesso, in Palestina invece no.

Un accostamento doveroso, quest’ultimo, fra ciò che rappresenta il vero spirito democratico e ciò che caratterizza una vera e propria dittatura, paradossalmente, quest’ ultima, appoggiata da molti europeisti che si mostrano sostenitori del leader palestinese dell’Anp.

Ester Lucchese

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