Emergenza migrazione

Oltre lo sbarco

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La frase che, come un mantra, sentiamo ripetere a ogni sbarco di immigranti nel nostro Paese, è “aiutiamoli a casa loro”; facendo dimenticare quali sono i nostri doveri di soccorso, accoglienza, di rispetto delle regole e di salvaguardia della dignità dell’essere umano. La “disumana” e programmatica decisione del Ministro dell’Interno Matteo Salvini di non accogliere i migranti nei porti italiani, è al centro delle critiche dell’Unione Europea. La presa di posizione del vice premier leghista, nei confronti dell’emergenza immigrazione, trascina alla deriva tutti quei principi e valori umanitari sui quali si fonda la Costituzione italiana. E al netto di slogan propagandistici, si rischia di far perdere di vista quali sono le cause del rigurgito, frequente, di ondate di essere umani sulle coste italiane.

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La fame e la povertà, in Africa, stanno consumando milioni di vite, fra cui centinaia di bambini a cui è negata l’istruzione, e molti dei quali non riusciranno neanche a sopravvivere per le precarie condizioni sanitarie; pertanto si cerca di fuggire da orribili condizioni di vita. Per molti giovani africani l’Europa è un lontano miraggio. Per raggiungerla, le rotte comportano il superamento di mari pieni di insidie, uno di sabbia e uno di acqua. Migliaia di migranti della Guinea, del Senegal, dei paesi della Costa occidentale dell’Africa, passano ogni anno attraverso il Burkina Faso per raggiungere l’Europa; ma molti non ce la fanno. Oceani di speranze sgorgano via dai corpi esanimi di uomini, donne e bambini bloccati dalle bande dei trafficanti umani che gestiscono un continuo flusso di vite nel bacino libico. Quelli che si salvano vengono derubati, violentati o schiavizzati e buttati ai lavori forzati. La decisione di abbandonare tutto, la maggior parte delle volte viene affrontata con grande dolore e sacrificio, ma in ballo c’è la sopravvivenza ed in pochi conoscono i rischi del “viaggio della speranza”, fatto di acqua razionata e caratterizzato da un rischio costante di perdersi nel deserto subsahariano. Sono molti i progetti attuati per sensibilizzare la consapevolezza della realtà aleatoria delle migrazioni clandestine, finalizzati alla salvaguardia di più vite possibili.

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Questa realtà cruda viene mostrata nei villaggi attraverso il cinema, attraverso filmati che mostrano i pericoli della migrazione, alla quale viene contrapposta la possibilità di nuove prospettive, quelle di trovare un impiego, di mettere su un’impresa e di essere informati. Soltanto il 15 percento alla fine riesce ad imbarcarsi. Le morti nel Mediterraneo negli ultimi quindici anni vanno oltre i trenta mila e spesso i corpi restano privi d’identità. Anche se in Europa e in Italia sono diminuiti gli sbarchi, l’emergenza immigrazione è tutt’altro che risolta: l’80 percento delle migrazioni partono dall’Africa Occidentale, specialmente da quella subsahariana, dove i “fuggitivi” si muovono alla ricerca di un futuro migliore. E per raggiungere i punti di approdo dei gommoni si ritrovano ad attraversare Paesi, come la Libia, dalla drammatica situazione politico-sociale e incapace di gestire o tamponare il flusso migratorio. Alla fine, in assenza di reali e più efficaci politiche comunitarie di accoglienza e dopo la chiusura istituzionale e politica del governo Conte, l’unica apparente e sicura via di salvezza a breve termine, per queste anime appese a un filo, rimane quella delle operazioni navali umanitarie delle Onlus impegnate ad evitare che i sogni di qualcuno meno fortunato di noi, finiscano in fondo al mare.

Nicòl De Giosa

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