FESTA DELLA MAMMA
Ogni maternità racconta una storia d’amore

Oggi, 8 maggio, in Italia e in molti altri Paesi nel mondo si festeggia la mamma. Ed io oggi voglio rendere omaggio alla figura materna raccontando la storia di un’immagine che raffigura una maternità molto amata per il suo essere icasticamente umana.
In un momento in cui il riposo può rappresentare una condizione obbligata, piuttosto che una scelta, fatalmente acquistano un valore diverso le cose che ci circondano. Ci si ritrova a contemplarle come se le si vedesse per la prima volta. E si scopre che quando il cellulare parla poco il silenzio acquista una dimensione ieratica, riconcilia alla riflessione, restituisce a tutto una dimensione nuova. Mi è accaduto in questi giorni - in cui la spaziatura del mio sguardo non poteva andare oltre la perimetratura delle pareti della stanza “del riposo” – di essere suggestionata da un incanto strano nel soffermarmi sulla riproduzione di un’immagine che raffigura la nota “Madonnina delle vie” o del “riposo”. Nell’ambiente non ha mai campeggiato tra le altre icone che convivono da anni, sia perché di proporzioni ridotte che per l’indegna incorniciatura. L’ebbi in dono dalla mia mamma che, a propria volta, l’ereditò dalla sua. L’essere, dunque, il dolce ricordo di chi me la donò è sempre bastato a garantirle comunque una presenza visibile. Ebbene, oggi quella “presenza” mi ha trasmesso, oltre la sensazione di trasognata dolcezza, un curioso messaggio di umanità, trascendente la sovrumanità caratteristica dei ritratti iconici: quell’essenza speciale che, oltre il vortice caleidoscopico del nonsenso delle parvenze, dà senso e scopo a quella turbinante realtà della vita che qualunque madre con un bimbo tra le braccia riesce a comunicare alle coscienze. Ho pensato di esprimere queste considerazioni per fare ammenda della personale cinesia (preda della quotidianità frenetica stemperata solamente dall’onustà di ciò che si impone nei complementi d’arredo) e per rivelare, a chi non li conosca, i particolari della storia della raffigurazione di questa “Madonnina” presente in molte case.
Avrete notato che ho inserito il termine madonnina tra gli apici perché il quadro ritrae una fanciulla di undici anni, Angela Cian, con in braccio il fratellino più piccolo, Giovanni.
L’autore è Roberto Ferruzzi (Dalmazia 1853 - Luvigliano, Colli Euganei, 1934), il figlio di un noto avvocato che, dopo gli studi classici, si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Padova ma coltivando un notevole interesse per il disegno. La passione per l’arte prevalse su altre scelte professionali e, così, nel 1879 si stabilì a Luvigliano (Colli Euganei) per dedicarsi esclusivamente alla pittura creando attorno a sé un cenacolo culturale che divenne meta dei maggiori artisti dell’epoca.
Un giorno mentre era in strada Ferruzzi vide una giovane ragazza, Angelina Cian, seconda di quindici figli, che teneva in braccio il fratellino Giovanni addormentato. L’immagine dei due fratellini gli comunicò una tale tenera dolcezza che decise di raffigurarli in un dipinto che intitolò “La zingarella”.
Il dipinto fu esposto alla Biennale di Venezia nel 1897 e venne premiato. Il successo popolare riscosso suggerì il cambiò di titolo in ‘Madonnina’. Da quel momento la storia della madonnina continuò ad avere risvolti imprevedibili.
Il quadro fu acquistato per 30.000 lire, una cifra astronomica per l’epoca, e più volte rivenduto fino a quando non fu acquistato dai fratelli Alinari, i noti fotografi di Firenze che lo misero in esposizione nei loro studi. Fu ancora rivenduto, ma i fratelli Alinari si riservarono i diritti di riproduzione.
La "Madonnina", detta "delle vie", o "del riposo", “Madonna delle Vie”, “Madonna della Tenerezza”, “Madonnella”, venne ancora riprodotta in migliaia di copie, biglietti, "santini", oggetti di devozione.
Durante la Seconda Guerra mondiale, l’ambasciatore americano in Francia, John G.A. Leishman, acquistò il quadro, ma durante il viaggio verso gli Stati Uniti la nave venne silurata e la bella Madonnina finì in fondo al mare. Alcuni sostengono che non sia perduta, ma in una collezione privata in Pennsylvania.
Ma torniamo ad Angelina Cian. La ragazza che ispirò la madonnina si era nel frattempo trasferita a Venezia.
Si sposò e seguì, nel 1906, il marito in California, a Oakland. Ebbe dieci figli (di cui una divenne suora, Suor Angela Maria Bovo) ma la sua felicità svanì per l’improvvisa morte del marito.
Rimasta vedova e senza soldi sufficienti per vivere Angelina non fu in grado di affrontare le avversità della vita. I suoi figli furono ospitati in orfanatrofio e lei, in preda alla disperazione, fu internata in manicomio. Morì nel 1972 povera e dimenticata da tutti.
Non sapeva che il suo viso avrebbe ispirato milioni di preghiere in tutto il mondo con le quali le mamme invocano la protezione dal Cielo per i loro figli. E anche la mia.
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