FRANCESCO IN CANADA: IL BILANCIO DEL VIAGGIO PENITENZIALE

"La visita del Papa è stata una benedizione". Con queste parole il capo indigeno Wilton Littlechild, Aquila dorata, ha elogiato il Santo Padre dopo i due giorni trascorsi in Canada. Un viaggio voluto fortemente dal pontefice, che sancisce un punto di rottura con la quotidianità, mettendo in chiaro la direzione che la Chiesa deve intraprendere.
La partenza dalla capitale dello stato canadese per l’aeroporto nazionale del Quebec è l’ennesimo capolavoro targato Bergoglio, che non ha nessuna intenzione di fermarsi. L’intento alla base di questa decisione è stato quello di ristabilire la pace tra le varie comunità indigene. Una popolazione che ha una storia complessa, condita da grandi momenti di tensione. Per questo, la città di Quebec, seconda città più popolosa dopo Montreal, è un punto cruciale nel viaggio canadese di Francesco. Questa città, il cui nome significa letteralmente "là dove si stringe il fiume", ha svariati caratteri europei, come l’architettura francese.
In questo frangente, Bergoglio non rappresenta solamente il capo della Chiesa cattolica, ma si pone come ambasciatore della pace. La Chiesa sta vivendo una grave crisi spirituale, che vede gli stessi credenti smarriti, incapaci di rialzarsi dinanzi al male che dilaga. Pertanto, l’esempio di un Francesco spiritualmente forte e desideroso di costruire la pace è un tassello fondamentale per tutta l’umanità. In ballo c’è il destino di molti, perché ognuno di noi fa parte di questo enorme mosaico che si chiama vita. Aprirsi al dialogo, anche con altre professioni di fede, non è segno di debolezza, bensì di grande capacità di aprire gli occhi e il cuore al mondo intero.
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