FRANCO

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Franco sposò Irma dopo due anni di fidanzamento. Lei era bionda, graziosa, minuta, non alzava mai la voce e non si arrabbiava. Per lui era come Cenerentola, e si sentiva un principe azzurro accanto a lei, anche perché Franco era il classico amicone, chiacchierone e scherzoso, sempre pronto alla battuta e alle gite improvvisate con gli amici. E poi aveva una passione, la sua squadra di calcio, la Roma. Quando si giocavano le partite in casa era sempre allo stadio, pronto con panini, sciarpa, bandiera e tutto l’occorrente del perfetto tifoso. Quando invece le partite erano in casa degli avversari, il divano davanti allo schermo diveniva il suo regno: patatine, birra, stuzzichini e telefono silenziato.

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Dopo il matrimonio arrivò il primo figlio, silenziato anche lui; così come venne silenziato il secondo, o meglio, venne incentivata Irma a portarli fuori, al parco se era bel tempo oppure al cinema o altrove, purché non si frapponessero tra lui ed il sacro fuoco. A causa delle partite erano stati persi due matrimoni e un funerale, qualche compleanno e una cena tra amici, ovviamente sempre con la scusa di una malattia. Irma osservava e taceva. D’altra parte, Franco era stato scelto “ben conoscendo la sua passione”: così ribatteva lui stesso a chi lodava le virtù e la pazienza della sua consorte, anche ai familiari di lei, che assumevano sempre una espressione scettica, cosa che gli dava parecchio fastidio.

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Intanto, si avvicinava la data fatidica per Franco. Non un avanzamento di carriera, non un anniversario, no, qualcosa di molto più importante, per cui si stava preparando da tempo, di volta in volta con sempre maggior patema. Sin dal 2006, Franco sentiva e presagiva che l’anno successivo sarebbe stato l’anno della svolta, ne parlava con tutti, litigava con gli scettici, si informava e non perdeva occasione per acquisire notizie. La Roma era in Champions League, e lui, confidando nel suo sesto senso, aveva deciso di seguire ogni partita, anche all’estero. 21 febbraio 2007, a Roma contro il Lione, poi a Lione il 6 marzo. Franco era euforico, e pur ripetendo il mantra “non-succede-ma-se-succede”, la sua mente già andava oltre, all’inno e alle lacrime. Poi contro il Manchester, all’Olimpico, il 4 aprile, una vittoria che lo lasciò senza voce per 2 giorni. Irma osservava e taceva, portava i bambini fuori e preparava gli stuzzichini; Franco ringraziava, ed intanto acquistava i biglietti per Londra: il 10 aprile si sarebbe giocata la sfida per quarti di finale.

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Sugli spalti, lui ed i suoi compagni di tifo erano emozionati, galvanizzati, cantavano e fischiavano. Tuttavia, man mano che si andava avanti con l’incontro, cantavano e fischiavano un po’ meno. Poi iniziarono le mani nei capelli e le urla verso il cielo infame, il destino beffardo, la sfiga maledetta, la politica italiana ed i mercenari del calcio. Vennero scomodati santi e madonne. Il fischio dell’arbitro pose fine alla mattanza: 7 a 1 per gli inglesi. Il viaggio di ritorno per Roma fu mesto, silenzioso. Franco non vedeva l’ora di tornare a casa, da sua moglie, per avere il conforto delle sue parole, del suo sostegno. Girò la chiave nella toppa, erano le 21.00, Irma ed i bambini guardavano la televisione. Quando entrò in soggiorno, con la sua espressione triste, diede un bacio ai due figli, quindi si diresse verso Irma, a braccia aperte. Lei rimase immobile, non accogliendo il suo abbraccio, al che lui, osservandola, le chiese cosa fosse successo, perché non lo consolava. Lei, alzando il coperchio del puff vicino al divano e srotolando una bandiera bianco celeste, disse: “Sono anni che sopporto questa tua devozione alla Roma, non ho mai detto nulla, non ho mai fiatato. Tu non mi hai mai chiesto cose ne pensassi, e allora te lo dico ora. Sono della Lazio, sì, della Lazio: odio la Roma, odio i romanisti e sono contenta che abbiate perso, tiè, ho gufato per tutta la partita ed al settimo gol ho telefonato a mio padre per esultare. Per concludere, pure i tuoi figli sono della Lazio: ogni volta che ci facevi uscire dal salotto per vedere la partita da solo noi vedevamo la Lazio, e loro hanno cominciato ad amarla”.

Ora Franco è ricoverato in cardiologia intensiva per infarto, ed Irma lo accudisce ascoltando all’auricolare la partita della Lazio.

Paolo Varese

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