FULVIO BIANCATELLI: ARTISTA DELLA MATERIA

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Fulvio Biancatelli è un architetto ed esercita questa professione da circa quarant’anni, con grande soddisfazione. Tuttavia, un bel giorno “decide” di diventare anche un’artista. Non che l’architettura non sia arte, anzi! È sempre bene ribadire che ogni forma espressiva nata dall’ingegno, dalla mente, dalle mani e soprattutto dal cuore di un essere umano è una forma d’arte.

Come spesso accade, il desiderio - per non dire l’esigenza - di esprimersi attraverso l’arte si manifesta nell’infanzia, e Fulvio Biancatelli non fa eccezione.

Oggi l’architetto è un “artista della materia”, come ama definirsi. Vediamo perché.

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Fulvio Biancatelli, architetto e artista della materia

“La mia professione di architetto mi ha aiutato in questo - spiega -: lavorare la materia, gli spazi, i volumi, i vuoti mi ha aperto la mente. Ho compreso che la materia, anche se non è animata, può esprimere dei sentimenti, delle emozioni e può raccontare il suo iter: la sua nascita, la sua crescita e la sua decadenza. La materia è l’elemento che mi permette di RACCONTARE tutto questo.”

Inizialmente Biancatelli utilizza i cristalli di vetro delle auto incidentate, poi inizia a raccogliere anche altri oggetti: sassi, ferro, ghisa e, infine, il polistirolo.

Come molti prima di lui, ha vissuto il passaggio - direi obbligato - delle tecniche tradizionali: pastello, matita, tempere, acrilico, olio. Con la scoperta della materia, invece, realizza che gli oggetti, soprattutto quelli consumati, abbandonati e riciclati, hanno una loro espressività, una loro capacità di dare sensazioni ed emozioni. Da quel momento cambia completamente registro.

Ma dove va a trovare questa “materia vissuta”?

“Qualcuno sorriderà di questo - racconta - ma io andavo a cercare per strada i vetri rotti dei veicoli coinvolti in incidenti stradali. Poi li raccoglievo e li ricomponevo su una base di Vinavil, sulla quale aggiungevo del colorante che, essiccando, creava degli aloni e delle forme molto particolari. È così che è nata la serie “frantumati“.”

Per un lungo periodo, quindi, Fulvio Biancatelli ha circolato per le strade con scopa e paletta sul sedile del passeggero!

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“FR04 2006 40x15 cm - serie Frantumati” by Gianfranco Angioni

Che senso ha, ci si potrebbe chiedere, andare per le strade e raccogliere dei cocci di vetro? Di certo non è una cosa usuale, deve senz’altro voler dire qualcosa. Deve essere quanto meno l’espressione plastica di un richiamo interiore. Ma di quale richiamo?

“All’inizio non ero pienamente consapevole di ciò che facevo ma con il tempo mi sono reso conto che la mia arte è fondamentalmente la rappresentazione dell’aspetto catastrofico della nostra esistenza - spiega. Secondo questa visione, che ho elaborato negli ultimi quindici anni, l’uomo sta andando verso una deriva piuttosto negativa:. Lo vediamo in praticamente tutti gli aspetti della nostra vita: sociale, politica, demografica, ecologica. Non voglio certo essere un profeta del malaugurio ma se continuiamo su questa strada, presto o tardi l’uomo cesserà di esistere. Anche perché è l’unico essere sulla Terra che non contribuisce allo sviluppo dei processi naturali: anzi, la sua tendenza è proprio quella di distruggere. Questo io vedo e questo racconta la mia arte”.

“Non c’è niente di nuovo sotto il sole”, direbbe il saggio Qoèlet (Ecclesiaste 1,9). Ciò che l’artista vede e trasforma in arte è già ampiamente raccontato dalle generazioni passate. La cosa importante, a questo punto, è non tanto rimarcare un problema antico, quanto inventare una soluzione nuova.

Come artista, quali soluzioni propone Fulvio Biancatelli per contrastare la deriva dell’umanità e lenire i dolori del nostro Pianeta?

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“M04 Venezia 2004 57x35 - serie Metallici” by Fulvio Biancatelli

“L’idea di fondo è che questa materia, anche se è rovinata, ossidata, spezzata può raccontare delle cose da cui possiamo ripartire - sostiene l’artista. L’emozione che questi elementi ci danno, ci permettono di imparare dal passato per non ricreare gli stessi errori. C’è una frase a cui tengo molto, che mi fu indirizzata dalla Critica d’arte Alessandra Grandi: “Come le creazioni di Biancatelli nascono dagli scarti, dalle macerie di ciò che sopravvive mutando, così le città (o le civiltà ) distrutte riemergono a fronte da se stesse. Da ciò che resta parte la salvezza dell’essenziale, la selezione primitiva di ciò che ha un senso fuori di sé, una nuova estetica del sottosuolo, dove il bello è un corpo ferito, consumato. E nulla è mai, completamente, perduto”.

Questa è la speranza di Fulvio Biancatelli: che nulla sia completamente perduto.

Del resto è noto che quando il vasaio realizza un’opera, per darle più chances di durare nel tempo mescola l’argilla nuova con quella vecchia. Si tratta, generalmente, di un altro vaso rotto e venuto male. Ecco che l’opera difettata non va persa ma anzi, una volta sbriciolata, diventa il collante tra il vecchio e il nuovo, tra il passato e il presente, tra l’imperfetto e il perfetto.

Questa attenzione dell’artista, la sua particolare sensibilità nei confronti del destino dell’uomo, fa presupporre un afflato spirituale insospettato da Biancatelli stesso. “Sono ateo - confessa - però credo nell’uomo, cioè credo che l’uomo abbia delle capacità spirituali di coscienza e di vita che devono essere salvaguardate e valorizzate. Questo a prescindere dal credo personale”.

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“BP 04 Pace 2013 100x100 - serie Bruciature plastiche by Fulvio Biancatelli

Diciamo che si tratta più di una questione di consapevolezza perché, alla fine, la spiritualità è proprio questo: avere coscienza di ciò che si è. Quindi una tensione non tanto di fede ma spirituale, una riconnessione con tutta la creazione, con le persone, con il cosmo. L’attività artistica è sempre spirituale, in quanto racconta ciò che l’uomo dovrebbe essere o dovrebbe tendere ad essere per raggiungere il suo vero Io, il Sé profondo.

Nel tempo la visione di Fulvio Biancatelli evolve. Ai suoi “frammenti” di vetro si aggiungono altri materiali che l’artista lavora, trasformandoli secondo un principio artistico di composizione a lui congeniale. Nascono così le famose “cesure”. Ma non si ferma qui. La sfida successiva è di manipolare un materiale friabile e poco incline all’obbedienza, quale è il polistirolo. Questo viene bruciato per renderlo rigido e, in seguito verniciato. Delle scritte - generalmente citazioni di artisti famosi - completano l’opera. Il significato di tutto ciò? A mio avviso è un’opera di trasformazione: dal fragile al forte attraverso la bruciatura, quindi attraverso la “prova del fuoco”. La scritta, invece, è una seconda chance: dal non dire nulla, la lastra di polistirolo diventa un manifesto, un proclama.

Nell’opera qui sopra è evidente la scritta PACE, tradotta in più lingue che, scritta su un anonimo blocco di polistirolo, fa di lui un vero e proprio avviso per tutta l’umanità.

Tutti questi testi sono, da un lato una forma di introiezione spirituale, dall’altro un messaggio rivolto all’umanità.

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“Cesure 20 Andy Warhol 2018 100x100 - serie Cesure” by Fulvio Biancatelli

Il percorso di Fulvio Biancatelli ci fa comprendere come il nostro vissuto e l’arte siano fondamentalmente un’unica cosa e che quest’ultima è veramente lo specchio della nostra Società, della nostra vita, di noi stessi.

Infatti, tentando di ridare voce a materiali ed elementi scartati dall’uomo, l’artista incontra se stesso, scende nelle profondità del suo essere e riconosce il proprio volto. Un volto che non teme di guardare e di mostrare ad altri. Così com’è. “Spesso le persone vogliono dire agli altri cosa fare ma non imparano niente di loro stessi - afferma. È una proiezione psicologica che ci fa vedere il male fuori di noi. In realtà, se io miglioro me stesso e se ogni singola persona migliora se stessa, tutto il mondo cambierà, senza che io abbia dovuto far niente.”

Lavorare su se stessi - anche attraverso l’arte - non è una forma di egoismo, tutto il contrario! Soprattutto perché - e anche qui ci metto un punto di domanda - l’unica persona che conosciamo davvero siamo noi stessi. Degli altri non sappiamo nulla. Quando conosci te stesso non giudichi più il prossimo, anzi, è la prima cosa che smetti di fare perché vedi la tua parte di luce ma anche la tua parte di ombra. E quando impari ad amare la tua luce e la tua ombra ami anche quella degli altri.

Auguro a Fulvio Biancatelli di essere un testimone della nostra Società e attraverso la sua arte, non soltanto raccontandone il lato oscuro ma anche manifestandone la luminosa bellezza.

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L’intervista che segue è stata realizzata da Simona HeArt per la rubrica “Sguardi sull’arte contemporanea con Simona HeArt”. L’articolo è pubblicato su “International Web Post”.

#sguardisullartecontemporaneaconsimonaheart #simonaheart

Contatti di Fulvio Biancatelli:

www.fulviobiancatelli.it

email: fulviobiancatelli@yahoo.it

Simona HeArt

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