GIUCAS CASELLA
Istantanee d’autore

Ho avuto molte occasioni di incontrare Giucas, fortuitamente o per lavoro.
Lo volli conoscere dopo aver visto un suo spettacolo, nel quale accadeva realmente ciò che lo vedevo fare in TV.
Una prima impressione che ebbi, e che poi si è ripetuta tutte le volte che ci siamo visti, fu di una persona che fisicamente sta in un posto e con la mente sta sempre da un’altra parte.
Pur se è partecipe della conversazione e pare darti completamente la sua attenzione.
E sembra vivere in una perenne dualità tra l’essere bambino e l’essere adulto che sa il fatto suo, tra un’estrema sensibilità e uno pseudocinismo.
Ho sperimentato entrambe le situazioni.
Racconto brevemente due episodi che ne descrivono la parte migliore.
Una sera dopo uno spettacolo in una località di mare, lo riaccompagnai in hotel.
Gli chiesi a che ora si sarebbe svegliato per farmi trovare pronto ad assisterlo.
Mi avrebbe fatto sapere lui l’indomani.
Io, come al solito, mi alzai presto per fare una passeggiata.
Uscendo in un orario in cui non c’era nessuno per strada, lo incontrai in costume che camminava con lo sguardo “perso” o “estasiato”, o giù di lì.
“Ma già sei uscito???” gli domandai.
“Si, è bellissima l’alba qui. Ho incontrato un pescatore che mi ha portato a fare un giro in barca. Mi piacerebbe fare un bagno tra un po’…”
Così lo accompagnai dove c’erano degli scogli, ci sedemmo e cominciò a parlare, guardando sempre il mare e saltuariamente me, come per rassicurarmi che era cosciente della mia presenza.
Una volta gli chiesi se potesse esibirsi a cachet molto ridotto ad una festa patronale nel luogo dove abitava la mia famiglia.
Avevamo un terrazzo con vista mare, anzi a 10 metri dal mare.
Si godette la cena preparata da mia madre come incantato sia dal panorama che dalla bontà del cibo.
Prima di uscire consegnai la busta con i soldi al suo assistente, che dopo averli contati, lanciò a Giucas un’occhiata per comunicargli “l’anomalia”.
Lui sorrise e disse: “Si, va bene così, è un regalo per Giacomino!”
Mi ha sempre chiamato così.
Aveva chiamato Giacomo suo figlio. Forse questa è la ragione della “simpatia” che mi ha sempre dimostrato nelle occasioni di incontro.
Puntando su questa simpatia ho cercato, delicatamente, di capire alcuni meccanismi del suo lavoro.
Una volta gli chiesi se, ipnotizzandomi, poteva liberarmi da una forma di ansia che per lungo tempo ha abitato in me.
Lui mi rispose che non poteva usare l’ipnosi a scopo terapeutico perché le sue capacità poteva usarle solo nell’ambito dello spettacolo.
Una risposta che mi scaturì mille domande ma non riuscii mai ad andare oltre per capirci qualcosa.
Certamente non ci sono trucchi.
Lo so perché proprio in occasione dell’esibizione nella città della mia famiglia, chiamò sul palco alcuni amici (coincidenza) dai quali mi feci raccontare che cosa era successo in quei momenti.
Ed effettivamente mi resi conto che agivano dei “poteri” particolari.
Ma non mi sono arreso.
Tra qualche anno, quando saremo entrambi decrepiti, tornerò alla carica, chiedendogli un ultimo regalo.
Quello di farmi capire le dinamiche sulle quali agiva Giucas Casella.
(Le foto sono di proprietà dell’autore)
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