Giuseppe Pellizza nacque a Volpedo un paese vicino ad Alessandria nel 1868.
I genitori erano contadini, ma benestanti perché commerciavano i loro prodotti. Il nome di Giuseppe Pellizza viene associato all’istante a quello che è il suo quadro più famoso, “Il quarto stato”, che fu preso a simbolo delle lotte operaie e popolari del tempo.
Il Quarto Stato
Studiò in diverse accademie, da quella di Brera a quella di Firenze, e prese a modello Segantini appassionandosi al divisionismo, cioè dipingere a puntini per ottenere i colori attraverso l’accostamento dei colori anziché mischiando l’impasto.
Questo quadro dal titolo “Speranze deluse” è una vera e propria storia in una sola immagine.
Speranze deluse
La delusione riguarda la pastorella che Pellizza ha messo al centro perfetto del quadro.
La sua posa indica tristezza e si appoggia al rastrello.
Il suo innamorato si sposa con un’altra ragazza e possiamo vedere in fondo il piccolo corteo nuziale.
Gli alberi un po’ contorti e spogli contribuiscono a farci capire lo stato d’animo della ragazza, che una pecorella tenta invano di consolare.
Ma lo spessore e il genio di Pellizza è nell’uso dell’illuminazione.
Le ombre sia degli alberi sia delle persone e delle pecore ci indicano che la luce viene dal fondo verso di noi, ma il sole all’orizzonte non c’è. Ci sono le ombre che fanno pensare a un sole al tramonto, che chiude il suo compito e tra poco scomparirà, come tra pochi passi scomparirà il piccolo corteo paesano; ma il sole Giuseppe non l’ha dipinto, perché nell’animo della ragazza il sole non c’è.
In senso opposto, da noi verso il fondo, una distesa luminosa di giallo riempie la scena a contrasto, per portare la nostra attenzione verso i gesti della ragazza delusa: una mano appoggiata dove c’è l’anima e una a tenersi il capo oppresso dalla pena.
Purtroppo, anche il pittore conoscerà la delusione delle incomprensioni che, malgrado il suo successo, si addensarono sul suo lavoro di dieci anni, che è il tempo che impiegò a dipingere “Il quarto stato”.
Si ritirò in Engandina con l’amatissima moglie Teresa, per seguire i luoghi del suo principale maestro Segantini.
Ritratto della moglie
E non gli fu risparmiata nemmeno la pena di perdere la moglie che morì improvvisamente nel 1907, proprio mentre riscuoteva, finalmente, riconoscimento e successo.
Una pena troppo grande per lui, così sensibile, che decise di impiccarsi nel suo studio a Volpedo a nemmeno 40 anni, per appartenere, ancora, allo stesso quadro che li vedeva insieme, nella luce.
Maggiori approfondimenti nel mio video al link: https://youtu.be/sCnpmz2m7YA