GLADIO (Seconda parte)

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Organizzata la rete “Stay Behind”, venne spontaneo pensare ad una organizzazione strutturata in modo più efficace, e che fosse in grado di tenere le fila dei vari reparti sparsi per il territorio. Nacque così l’Organizzazione Gladio, nel 1956, con l’avallo della C.I.A. e del S.I.F.A.R., il Servizio Informazioni delle Forze Armate. Il suo simbolo era appunto un gladio, la spada a due lame usata dagli antichi romani, contornato da un paio di ali, e con un paracadute sullo sfondo. Non è mai stato chiarito chi scelse questo simbolo e perché, anche se l’ipotesi più accreditata è che quel tipo di spada significasse difesa sia dai nemici esterni che da quelli esterni. Bisogna chiarire comunque un punto, e cioè che delle oltre 600 persone che componevano la struttura, la maggior parte era convinta di operare, seppur segretamente, alle dipendenze dirette dello Stato, per una causa nobile. Ciò è stato confermato anche da Francesco Cossiga durante il suo mandato come Presidente della Repubblica, quando emerse in tutta la sua deflagrante, e destabilizzante potenza, il caso Gladio.

cms_6868/2.jpgInoltre Cossiga si soffermò sul fatto che gli aderenti iniziali alla Gladio erano tutti ex partigiani bianchi, ossia non legati al Partito Comunista Italiano, e che venne vietato l’accesso alla struttura sia agli ex aderenti della Repubblica di Salò che ai simpatizzanti del fascismo. Queste affermazioni furono però smentite dal giornalista Gianpaolo Pansa, che nel suo libro “Il gladio e l’alloro”, confermava la presenza di combattenti repubblichini e reduci di Salò tra le fila della struttura. E secondo Pansa, il nome Gladio sarebbe stato scelto proprio in omaggio a quei combattenti, in quanto i militari di Salò, al posto degli alamari propri delle Forze Armate Italiane, avevano sul bavero un Gladio, sulla cui elsa c’era scritto “Italia”. Nonostante si sussurrasse da tempo dell’esistenza di questa organizzazione, sarà solo nel 1999 che si avranno risposte ufficiali, o meglio che saranno aperte indagini ufficiali su Gladio. Tutto nasce da una inchiesta, portata avanti dal magistrato Felice Casson, relativa all’attentato di Peteano, in provincia di Gorizia, dove persero la vita 3 carabinieri, su cui bisognerà raccontare una storia a parte. Per questa indagine venne ascoltato un terrorista neonazista, reo confesso oltretutto, tale Vincenzo Vinciguerra, il quale rivelò che l’ordigno utilizzato proveniva da depositi segreti di armi, sparsi per il nord est della nazione. Da ciò si mise in moto la macchina giudiziaria, con la richiesta a Giulio Andreotti, all’epoca Presidente del Consiglio, per l’accesso alle documentazioni sui trasferimenti, più o meno segreti, di armi, negli anni della strage e nelle località indicate da Vinciguerra. Saranno le risposte, comunicate anche al Parlamento, ad aprire la strada alle successive inchieste, anche di matrice giornalistica, sull’esistenza di una struttura appositamente pensata per sbarrare la strada al nemico comunista. Tra illazioni e campagne mediatiche venne fatta passare l’idea di una organizzazione utilizzata per favorire la cosiddetta “strategia della tensione”. In realtà però nessuna sentenza è mai stata emessa contro la struttura, vennero condannati però gli ex responsabili di Gladio e del Sismi, ma solo per la distruzioni relativi alla sicurezza dello stato, ed attinenti ad anni precedenti il 1972.
cms_6868/3.jpgChi venne veramente colpito dalle rivelazioni e da una certa propaganda, furono appunto gli aderenti a Gladio, a cui era stato garantito l’anonimato, persone che, come già detto, operavano in buona fede. Questi neo definiti “gladiatori” divennero, per una certa stampa, figure emblematiche di una nazione corrotta e governata dal potere economico americano. Bisogna però rimarcare alcuni punti, volutamente ignorati durante le varie campagne diffamatorie. Innanzitutto, venne sbandierata la mancata comunicazione al Parlamento dell’accordo tra C.I.A. e SIFAR, omettendo di citare però che, in base agli articoli della NATO, gli accordi bilaterali di collaborazione non necessitano di questo passaggio, e questi articoli sono stati ratificati con la legge n. 845 del 1949. Sempre per chiarezza poi, va messo in evidenza come la struttura, seppur segreta, era comunque creata dallo Stato, non si trattava di un patto tra privati cittadini, non erano ronde, non erano accordi tra un paese straniero e qualche politico nazionale e non si trattava di foraggiamento monetario, perlomeno nelle intenzioni. Ciò che mancò fu invece la possibilità di controllo da parte di una pluralità di soggetti istituzionali, sebbene, come ricordò sempre Francesco Cossiga, i padri costituenti di Gladio furono Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, e due generali, Musco e De Lorenzo. Questa segretezza consentì pertanto alcuni movimenti poco chiari, di cui fece le spese anche l’Argo 16, aereo da spionaggio di cui si è parlato in un precedente articolo. Ma bisogna disperdere ancora la nebbia.

Paolo Varese

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