Gab, l’insulto libero corre sui social

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La scorsa settimana mi sono soffermato con un articolo su questo sito, sulle ragioni del successo di Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca. L’uso dei social da parte del candidato repubblicano e la comunicazione attraverso le piattaforme di condivisione è risultata come si è visto l’arma vincente nei confronti di Hillary Clinton.

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Qualche giorno fa, sempre a proposito della corsa alla Casa Binaca, il quotidiano americano New York Times ha pubblicato un elenco dettagliato di tutte le offese fatte da Trump durante la sua campagna elettorale, raccolte persino in una infografica interattiva per il lettore. Si apprende da questo articolo che i target principali destinatari degli insulti fossero neri, ispanici, donne, disabili e gli (old) media.

cms_5224/3.jpegTwitter è stato il canale preferenziale usato dal magnate repubblicano per lanciare i suoi strali durante la sua campagna elettorale. In ben due pagine dell’edizione cartacea del New York Times è possibile leggere una lunga teoria di insulti e strali, precedentemente raccolti in una mappa interattiva che collega a ogni voce il relativo "cinguettio". Nei confronti dei media, per esempio, Donald Trump ha riservato una vera e propria pioggia di insulti, prendendosela con giornalisti, editori e testate; lo stesso New York Times ha ricevuto 90 tweet di insulti. Trump non si è risparmiato negli insulti nemmeno nei confronti di celebrità come Alec Baldwin e Neil Young. Maggiormente noti poi gli insulti che Trump ha riservato, sempre via Twitter, verso Messico e Cina, due suoi grandi cavalli di battaglia elettorali.

cms_5224/4.jpgNon mancano anche parole poco simpatiche per Regno Unito, Germania, Iran e Arabia Saudita. Il più grande numero d’insulti via social è però totalizzato dagli Stati Uniti con ben 13 twitter offensivi, con un’attenzione speciale per Washington D.C. e il New Jersey. Nella black list degli insulti non mancano certo anche scrittori, modelle e artisti in genere. Alicia Machado, ex Miss Universo, è stata definita “disgustosa” per alcuni suoi video in cui appariva, a detta di Trump, “troppo sexy”.

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Il posto d’onore spetta però alla sua rivale democratica, Hillary Clinton, a cui Trump ha riservato ben 419 tweet di insulti, non risparmiando neanche il marito Bill. Sull’onda del successo del candidato repubblicano, e soprattutto dopo aver accertato la fondamentale importanza dei social nella vittoria finale, ecco nascere una piattaforma chiamata Gab.

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Ideata dal 25enne Andrew Torba, il sito promette di tutelare la «libertà di parola prima di ogni cosa, non importa quanto offensiva», diventando così automaticamente un rifugio sicuro per i movimenti di estrema destra facenti capo al movimento dell’«alt-right». Torba si definisce «un patriota che sta combattendo per un internet che mette le persone al primo posto e promuove la libertà di parola per tutti». Il sito, ancora in fase di sviluppo, ha già alle spalle una lunga lista d’attesa di persone che non vedono l’ora di aderirvi e dove poter esprimere liberamente le proprie idee su «nazionalismo bianco, razzismo, teoria del complotto». Il sito è suddiviso in 11 sezioni, tra cui news, politica, tecnologia, sport, arte e filosofia, e a dare il benvenuto agli utenti vi è il celebre meme Pepe the Frog, nato nel 2005 e sfruttato da un gruppo di estrema destra per diffondere l’ideologia della supremazia della razza bianca. Ci sono anche immagini di Michelle Obama e Melania Trump, con la didascalia: «Sono orgoglioso di avere una #FirstLady umana e non simile a una scimmia». Il fondatore della piattaforma ripete che il sito è aperto a tutti, di qualunque credo politico, ma è ben chiaro che il tono dominante sia violento e che sulla piattaforma possano trovare ospitalità tutti quelli che vogliono fare commenti sprezzanti su messicani, neri ed ebrei. Un luogo insomma dove poter liberamente incitare alla violenza, al terrorismo e alla pornografia illegale. Se il buongiorno si vede dal mattino…

Andrea Alessandrino

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