Giappone: Shinzo Abe pronto al suo terzo mandato

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Durante i ruggenti anni ‘80, il mondo occidentale ha vissuto forse il periodo di maggiore crescita e benessere della propria storia. Noi tutti ricorderemo indubbiamente le politiche liberal-conservatrici portate avanti in quegli anni dagli Stati Uniti e dal Regno Unito, ma pochi di noi ricorderanno che all’epoca, durante molti dei più importanti vertici internazionali, sedeva accanto a Reagan e alla Thatcher un distinto signore dai capelli con la riga laterale e dei buffi occhiali color borgogna; il suo nome era Shintaro Abe. Nominato ministro degli esteri nel 1982, Shintaro non era solamente un uomo dello stato: era un leader politico, una figura rispettata e stimata in tutto il mondo ma, soprattutto, era un uomo estremamente ambizioso. Fin dall’inizio della sua carriera, il suo grande sogno è sempre stato quello di poter un giorno diventare il nuovo primo ministro del Giappone. Fu così che, alla fine del decennio, decise di candidarsi per tale incarico.

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La strada davanti a sé non era per niente semplice: prima di ogni altra cosa, bisognava contendere la leadership del partito a Noboru Takeshita, il premier in carica, e poi sarebbe stato ovviamente necessario ottenere la maggioranza dei seggi durante le elezioni generali del 1989. Un compito non banale, eppure in molti nel Paese del Sol levante all’epoca scommettevano sulla possibilità che Abe potesse portare a compimento il suo progetto e, chissà, magari perfino trasformare il Giappone in una nazione diversa, una nazione forte e credibile al livello internazionale, esattamente come credibile era stato Shintaro durante i suoi anni da ministro.

A pochi mesi dalle elezioni, tuttavia, accadde qualcosa che non nessuno si sarebbe mai aspettato. Alcuni giornali lasciarono trapelare la voce secondo cui Hiromasa Ezoe, il leader della società di telecomunicazioni Recruit, aveva venduto sottobanco ad alcuni funzionari politici le azioni di una sua partecipata proprio pochi giorni prima che questa venisse quotata in borsa. Lo scandalo coinvolse quarantasette personalità politiche, la maggior parte delle quali liberaldemocratiche; Takeshita venne costretto alle dimissioni e, ben presto, il partito perse le elezioni e la guida del Paese, ma soprattutto, nello scandalo rimase coinvolto Shintaro Abe.

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Quasi subito, quest’ultimo venne costretto a rassegnare le dimissioni da qualunque incarico pubblico e a ritirarsi a vita privata. Sfortunatamente, però, il suo corpo non era forte quanto la sua indole: l’umiliazione di aver deluso milioni di giapponesi, unita alla collera per essersi lasciato sfuggire il proprio sogno proprio quando sembrava così vicino, lo portò ad ammalarsi e a morire nel giro di pochi mesi.

Accade spesso nella nostra vita che alcuni eventi arrivino a segnare profondamente non solo quello che è il nostro carattere, ma perfino le nostre ambizioni. Il figlio minore di Shintaro, nella tenera età, non sembrava particolarmente interessato a seguire le orme del padre: si era laureato all’USC di Los Angeles e, tornato in patria, aveva lavorato per tre anni presso un’importante acciaieria di Kobe. È difficile comprendere cosa passò nella mente di quel ragazzo quando suo padre cadde in disgrazia o quanto questo evento sia stato determinante per delineare le sue scelte future; ciò che è certo, è che a un certo punto della sua vita Shinzo Abe, questo il nome del nostro protagonista, decise che era giunto il momento di dedicarsi con tutto se stesso all’attività politica.

A soli due anni dalla morte del padre, il giovane ragazzo decise di candidarsi alla camera dei rappresentanti presso la prefettura di Yamaguchi riuscendo, malgrado la crisi generale del partito, ad ottenere il massimo dei consensi mai raggiunti da qualunque candidato in quella prefettura.

Ben presto, Shinzo Abe divenne uno dei parlamentari più attivi del Paese. Ma tutto ciò non poteva bastare: non poteva accontentarsi di essere uno dei tanti politicanti di questo mondo, lui voleva essere speciale, voleva realizzare il sogno del padre. Per farlo, tuttavia, avrebbe avuto bisogno di qualcosa che né il talento né l’abnegazione possono concederci: una grande occasione. Dovette attendere molto tempo, ma la sua occasione alla fine arrivò, ed aveva un nome e un cognome: Jun’ichirō Koizumi.

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Sarebbe difficile stabilire se Koizumi fosse un uomo così popolare grazie alla sua eccentricità o se era la sua popolarità a permettergli di essere così eccentrico. Di certo, l’allora primo ministro non era secondo a nessuno in termini di stravaganze: era convolato a nozze con una studentessa ventunenne con la quale avrebbe divorziato dopo quattro anni di matrimonio e, in seguito alla separazione, avrebbe giurato a se stesso di non risposarsi mai più, mantenendo ovviamente la promessa. Nel tempo libero adorava ascoltare la musica rock, per la quale aveva una passione così sfrenata che, durante una visita ufficiale negli Stati Uniti, non riuscì a resistere alla tentazione di recarsi in visita nella tenuta di Elvis Presley a Memphis. In quanto al suo indice di gradimento, secondo un sondaggio del 2001 circa l’85% dei giapponesi approvava il suo operato. Proprio in quel periodo, Koizumi iniziò a sentir parlare delle doti del giovane Shinzo Abe: conosceva bene il padre, con il quale negli anni andati aveva condiviso numerosi incontri ai vertici del partito liberaldemocratico, così, decise di dare al giovane ragazzo un’opportunità. Ad Abe viene assegnato il compito di negoziare per la liberazione di alcuni ostaggi giapponesi in Corea del Nord, un compito delicato, ma allo stesso tempo particolarmente lusinghiero. I negoziati andarono a buon fine, e il premier decise di promuovere il suo delfino al prestigioso ruolo di segretario generale.

Con l’addio di Koizumi pochi mesi dopo, Abe ne prese il posto alla guida del partito e del Paese, divenendo il più giovane primo ministro nella storia nipponica: finalmente, aveva trasformato il più grande desiderio del padre in realtà. Negli anni seguenti, la leadership di Shinzo Abe è divenuta sempre più forte al punto che, ad oggi, è tutt’ora il primo ministro del suo Paese.

cms_10088/5v.jpgI suoi esecutivi sono stati contraddistinti da una forte crescita dell’economia nazionale e da una serie di tentativi di modificare la costituzione, eppure, questi risultati evidentemente non sono sufficienti per l’ambizioso capo di governo, il quale, in un discorso tenuto lunedì mattina alle pendici del maestoso vulcano Sakurajima, ha annunciato di volersi candidare per la terza volta consecutiva. Chiunque uscirà vincitore dalla prossima tornata elettorale, si ritroverà a guidare un Paese al centro di un profondo percorso di cambiamento: nel 2019, infatti, abdicherà l’imperatore Akihito (salito sul trono proprio nei giorni dello scandalo Recruit), venendo sostituito da suo figlio Naruhito. Nello stesso anno, inoltre, la città di Osaka ospiterà il G20 mentre l’anno seguente, a Tokyo, si terranno le olimpiadi. In altre parole, Abe avrà davanti a sé delle grandi sfide se verrà riconfermato premier.

Le possibilità che questo avvenga, ad ogni modo, sembrano piuttosto elevate a giudicare dalla scarsa popolarità dei suoi avversari. Il principale rivale del presidente in carica, infatti, sarà l’ex ministro della difesa Shigeru Ishiba, un uomo giudicato da gran parte della popolazione come troppo estremista a causa del suo programma elettorale. Ishiba ha infatti posto al centro della sua proposta politica, fra le altre cose, la creazione di un corpo dei Marine in Giappone per tutelare le isole nazionali, la costruzione di un arsenale nucleare e, innanzi a nuove provocazioni, la possibilità di attaccare militarmente la Corea del Nord.

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I più gravi pericoli per Abe, di conseguenza, non sembrano essere legati tanto ai suoi avversari quanto, ancora una volta, a uno scandalo. Nel mese di marzo, infatti, un’indagine governativa ha rivelato che il premier avrebbe venduto dei terreni statali ad un prezzo di favore a sua moglie Akie, omettendo il suo nome da tutti i documenti che lo incriminavano. Fino ad ora, la sua popolarità non sembra aver risentito particolarmente di questa pur spinosa accusa, ma cosa accadrebbe se la situazione dovesse degenerare? A distanza di quasi trent’anni, un altro Abe dovrà forse rinunciare alla presidenza per uno scandalo?

Gianmatteo Ercolino

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