HONG KONG: OBIETTIVO DEMOCRAZIA E LIBERTÀ

Continuano le proteste per liberarsi dal giogo cinese

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Dopo il corteo pro-democrazia di Capodanno e l’arresto di 400 manifestanti per "raduno illegale e detenzione illegale di armi" in seguito agli scontri con le forze di polizia (Fonte: responsabile polizia locale, Jim Ng), sono riprese le proteste a Hong Kong. Circa 60 persone, ieri, sono state arrestate nel distretto di Sheung Shui durante una manifestazione iniziata pacificamente e dichiarata illegale dalle autorità dopo il lancio di molotov verso la stazione della polizia locale da parte di alcuni partecipanti. La situazione a Honk Kong va avanti così da quasi un anno. Le marce di protesta e le manifestazioni di piazza sono cominciate nel marzo scorso per dire "no" alla legge sulla estradizione verso la Repubbblica Poplare Cinese per reati gravi che richiedono una pena minima di 7 anni. Questa presa di posizione ha subito suscitato l’irritazione del governo di Pechino, portandolo a fare pressioni sulle istituzioni hongkonghesi nel tentativo di influenzare la capa dell’esecutivo, Carrie Lam.

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Il trascorrere dei mesi, considerate le posizioni filo-cinesi di Lam e l’aumentata ingerenza nelle questioni politiche, economiche e culturali della Cina sull’ex enclave britannica, ha portato gli studenti, i giovani, l’élite culturale e le associazioni per i diritti umani e civili di Hong Kong a spostare il focus delle proteste dalla legge sull’estradizione alla richiesta di democrazia e di indipendenza da ogni influenza cinese. Nel frattempo, il 71% della popolazione ha dichiarato sostegno ai movimenti di protesta, votando nei distretti per i rappresentanti antigovernativi, facendo rinascere, addirittura, l’interesse nei confronti della Gran Bretagna a cui si chiederebbe la sospensione del trattato sino-britannico del 1997 e il ritorno nel Commonwealth.

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Intanto, la richiesta di maggiore democrazia non ha fatto che inasprire sempre più i toni non solo verbali delle proteste, portando alcuni gruppi di manifestanti ad agire da "black-block" e la polizia non sempre pronta al controllo dell’uso della forza indiscriminato; come nel caso dell’aggressione dei poliziotti a una donna incinta documentata in un video dal leader del movimento pro-democrazia, Joshua Wang o la violenza senza motivo, riportata da Hong Kong free-press, su alcuni studenti del Politecnico. Ne vedremo ancora delle belle? Sicuramente le proteste non si placheranno fino a quando Carrie Lam non si dimetterà e Pechino non scioglierà il giogo da una città che per tutti i paesi, da oriente a occidente, è da sempre un punto di riferimento per la finanza il commercio internazionale.

Umberto De Giosa

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