IL 12 GENNAIO SCADE IL PERMESSO DI PERMANENZA IN ITALIA PER MASSIMILIANO LATORRE

Il fuciliere di marina è ricoverato al San Donato di Milano per un intervento al cuore

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E’ partito il conto alla rovescia per Massimiliano Latorre. Scade a mezzanotte del 12 gennaio, infatti, il permesso di permanenza in Italia concessogli da New Delhi per potersi curare dai postumi di un ictus che lo aveva colpito in India ad agosto scorso.

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Nella giornata di lunedì scorso, Massimiliano Latorre, ricoverato da qualche giorno al Policlinico di San Donato di Milano, è stato sottoposto ad un intervento chirurgico, per una anomalia cardiaca, dal dottor Mario Carminati, responsabile della U.O. di Cardiologia pediatrica e delle cardiopatie congenite dell’adulto. Si è trattato della chiusura del cosiddetto "forame ovale pervio".

cms_1664/milan-cassano-e-il-cuore-fara-un-piccolo-intervent_kkvez.jpgL’intervento "ha avuto esito positivo", secondo il bollettino medico del San Donato di Milano. Non si sa quando Latorre lascerà l’ospedale, si sa invece che in casi di procedure cardiologiche come quella alla quale è stato sottoposto, il periodo di degenza dura un paio di giorni. Poi, in genere, è il medico curante a stabilire la durata della convalescenza a casa, alla quale si aggiungono controlli periodici. In questo quadro, quindi, potrebbe sfumare il ritorno a Delhi, tanto più che da settimane il governo antepone la tutela della salute di Latorre a qualsiasi altra considerazione. A Delhi è invece rimasto Salvatore Girone, considerato dall’India "unica garanzia per il ritorno di Latorre", motivo per cui al secondo marò, ’recluso’ nell’ambasciata italiana in attesa del processo sulla morte dei due pescatori indiani scambiati per pirati, è stata negata a dicembre una "licenza natalizia" per poter passare le feste a casa. Tra nuove accuse e incontri diplomatici, nonché malori e ricoveri, scorre lenta la vita di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i dueMarò detenuti in India dal febbraio 2012, con l’accusa di aver ucciso due pescatori durante un pattugliamento anti-pirateria.

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E’ una storia complessa, che si intreccia con questioni di diplomazia, diritto, economia, così diverse e problematiche da lasciare in piedi molti dubbisull’epilogo del caso. La vicenda è costellata di sovrapposizioni di competenze e confusione nella catena di comando. Quali sono i fatti? Chi ha ragione? E perché il dialogo tra i due stati coinvolti, l’Italia e l’India, non funziona? Da un lato vi è un’Italia dalla debole sovranità e in un periodo di crisipolitico-economica senza precedenti, cui tocca difendere i suoi militari.

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Dall’altro un’India rabbiosa, che chiede giustizia per i due connazionali promettendo ogni azione necessaria a ottenerla. Le udienze del processo subiscono continui rinvii; difficoltà sono state riscontrate pure nelle indagini. A intorbidire ancora più le acque vi è lapluralità di versioni e posizioni, non sempre validamente fondate. Ricostruzioni giornalistiche, nonché rapporti di enti del mare e perizie, dubitano ad esempio della circostanza seconda la quale a sparare siano stati davvero Latorre e Girone. Ad ogni modo, il caso Marò non è ancora chiuso e anzi, tra un rinvio e l’altro, sembra lontana la sua conclusione. Nel frattempo, si sono susseguiti tre governi, cinque ministri degli Esteri e tre ministri della Difesa, ognuno costretto a fare i conti con una vera e propria “patata bollente”, ognuno annunciando molto e ottenendo poco.

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Ora, a distanza di tre lunghi anni, si spera nella definitiva risoluzione di un caso che tanto ha turbato gli scenari interni di politica estera, ma che ha fatto emergere anche una netta incapacità della comunità internazionale, le cui regole sono risultate insufficienti a risolvere casi complessi come questo.

Mary Divella

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