IL BUSINESS DELLE FAKE NEWS
Una circolo vizioso che sta risucchiando ogni lealtà giornalistica
La guerra contro le fake news parte da noi, dall’inaccettabilità di una falsità insopportabile. Inutile dire che, ultimamente, di notizie straziate dall’inventiva giornalistica ne circolano parecchie.
Forse troppe per il gusto di chi vuole assaporare la verità di ogni gesto e situazione. Qualcuno crede ancora nella possibilità di creare una lealtà informativa perché il mondo ha bisogno di sapere cosa accade realmente; il punto è che porre un veto alla libertà di parola significa limitare un diritto decisamente fondamentale. Lo sappiamo, parlare a caso o per speculare sulla pelle degli altri fa parte di una cattiveria spregiudicata e insensibile. Tuttavia, si tratta anche in questo caso di un business sfrontato che si ciba dell’ignoranza e dell’ingenuità delle persone.
Spesso l’informazione, anziché cercare la verità, vuol trovare un capro espiatorio da incolpare per ogni lamento. Così si inventano notizie eclatanti ed esclusive con lo scopo di ottenere un click in più. Vero è che il clamore abbaglia molti, purtroppo senza dare un granché in cambio.
Ci vuole senso critico qui, quella capacità cerebrale di discernere il buono dal cattivo, il significato dal significante. Andare a zonzo conduce in un strapiombo di incertezze e, oltretutto, fomenta la paura. Piace la bugia a questi menzogneri, la utilizzano come mezzo per nascondere talento e imperfezioni poiché la bravura è figlia di se stessa e vive senza il bisogno primordiale di frottole o raccomandazioni. Ci si priva della purezza della verità per dar spazio a persone prive di capacità che, con le loro opinioni personali, appoggiano il candidato politico preferito trascurando la realtà dei fatti.
Un giornalista fatto e finito deve essere tale nell’animo, non può vendersi in cambio di qualcosa. Se lo fa, contribuisce a massacrare il giornalismo già in ginocchio per colpa del circolo vizioso delle fake news. Una macchina in costante aumento, che si serve della notizia per dirigere l’opinione nazionale, che crea due punti di vista scevri di una via di mezzo, che oscura la possibilità di capire meglio, che contribuisce all’accrescimento dell’odio verso la diversità. Ci vuole un cambiamento, una presa di coscienza in grado di svegliare gli animi sopiti da una quantità di input fuori dal nostro controllo. Il lavoro di ristrutturazione della modalità di circolazione dell’informazione necessita di una mano comune, perché l’autenticità è frutto di un abbraccio collettivo. Diamoci dentro, almeno per preservare il cuore di un sacro giornalismo
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