IL CONTRATTO DI GOVERNO E LE COPERTURE CHE NON CI SONO
Flat tax, questione migranti e rimpatri, autodifesa, i punti del programma definitivo

In queste ultime ore si è parlato molto del "contratto di governo" tra Lega e Movimento 5 Stelle. Tra tutti i punti del contratto, spicca la flat tax, un’imposta a due aliquote, in cui la percentuale che viene pagata in tasse è fissa e non cresce con l’aumentare dell’imponibile e, pertanto, beneficerebbe i contribuenti più benestanti a scapito di tutti gli altri italiani. Le due aliquote sono fisse: al 15% e al 20% per persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie (per le quali è prevista una deduzione fissa di 3mila euro sulla base del reddito familiare).
Gli obiettivi della flat tax – almeno nelle intenzioni - sono essenzialmente due: tagliare le tasse e rendere più semplice il sistema fiscale. Gli effetti positivi sarebbero quindi duplici. Da un lato la minore imposizione fiscale porterebbe a maggiori investimenti e crescita economica, dall’altro il sistema più semplice e leggero renderebbe più conveniente pagare le tasse rispetto a evaderle. Secondo i più ottimisti, la flat tax sarebbe una misura a costo zero che si ripaga da sola, poiché diventerebbe così conveniente pagare le tasse che la perdita di gettito dovuta all’abbassamento delle aliquote sarebbe automaticamente compensata dalle maggiori entrate dovute all’abbattimento dell’evasione fiscale.
Molti però non dicono - o hanno deliberatamente omesso durante la campagna elettorale – che per realizzare questa operazione si offrono al ceto medio le briciole di una riduzione delle imposte molto inferiore che sarebbe più che compensata dalla necessità di pagarsi di tasca propria i servizi che oggi lo stato fornisce gratuitamente. Per i più poveri poi la beffa sarebbe completa e il beneficio sarebbe zero o perfino negativo (cioè un aggravio).
Di fatto, il “contratto”, in tutti i suoi punti, prevede, oltre alla flat tax, la questione migranti e rimpatri, autodifesa e, persino un regionalismo differenziato che in un paese già strutturalmente diviso meriterebbe quanto meno cautela. Invece, manca il Sud, e solo l’ultima versione mette una toppa con un capitoletto in cui si definisce l’omissione come voluta. E’ bastata questa bozza del contratto, tuttavia, a far diventare Piazza Affari il fanalino di coda delle Borse europee e a portare lo spread tra BTP e Bund intorno ai 140 punti base. Pronta è stata la reazione di Di Maio e Salvini che, preoccupati, hanno rivisto i punti del programma che ora è nella sua versione definitiva. Buona parte delle premesse e delle promesse contenute nella prima bozza del contratto sono infatti scomparse: scomparso il referendum sull’euro, scomparso l’”abbuono” di 250 miliardi di debito pubblico, scomparsa anche la richiesta di non contare i bond posseduti dalla BCE nel computo del debito. Nonostante la versione definitiva del contratto di governo fornita da Lega e M5s però le preoccupazioni degli investitori non appaiono mitigate. Sebbene siano sparite – come sopra detto - le idee fortemente antieuropeiste e sovraniste – in particolare i due punti maggiormente discussi come l’ipotesi di uscita dall’euro e la cancellazione di 250 miliardi di debito pubblico – continua in maniera energica la pressione su Piazza affari. Il risultato di tutto ciò? L’indice Ftse Mib è sceso di un altro 1,50%, segnando una notevole distanza dal resto d’Europa, che tratta invece attorno alla parità.
Il programma passa ora al vaglio del presidente Mattarella. Ma la domanda resta: se le reazioni dei mercati e non, dinanzi alla bozza del contratto sono state quelle sopra elencate, cosa succederà quando l’esecutivo giallo-verde comincerà a muoversi?
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