IL MERCATO IMMOBILIARE E LE SUE PROSPETTIVE
La lunga crisi del mattone si protrae e non si intravedono spiragli di ripresa
La storia ci ha da sempre abituati ai suoi “corsi e ricorsi”, i quali alimentano la speranza che, dopo una fase negativa, possa giungerne una più favorevole, come ci richiama alla mente il titolo di una bella e famosa poesia di Giacomo Leopardi: “La quiete dopo la tempesta”. Nel campo immobiliare, tuttavia, questa regola non sembra ad oggi trovare riscontro, dopo 15 anni circa di stagnazione e nessuno spiraglio di ripresa all’orizzonte. “Il mattone” è stato infatti, in questo lasso di tempo, bersaglio costante da cui attingere per rifocillare le casse dell’Agenzia delle Entrate. La linea perseguita è stata pressoché vessatoria sotto il profilo dell’inasprimento fiscale, usando il mercato degli immobili come “bancomat” per risanare i conti pubblici, il Bilancio dello Stato, nonché per rispettare gli impegni con la UE. Tanto è stato l’accanimento dell’imposizione fiscale che l’aspirazione primaria degli italiani – quella di riuscire a ottenere una casa di proprietà – è svanita sempre più sia per chi intendeva acquistare ad uso personale che per chi era avvezzo agli investimenti. Nell’ uno e nell’ altro caso, infatti, l’effetto è stato dirompente: il mercato immobiliare muove un vasto indotto, articolato e diversificato, di attività collaterali quali l’edilizia, i fornitori, le maestranze, i servizi di manutenzione, la commercializzazione e l’intermediazione, gli studi notarili, i progettisti nonché i relativi uffici del territorio (catasto e conservatoria dei registri immobiliari) che, comunque, assicurano anch’essi un risvolto e un introito fiscale per l’Agenzia delle Entrate. Da tutto ciò si evince come il settore costituisca un pilastro importante e fondamentale per l’intera economia del Paese.
Di queste evidenti considerazioni si dovrebbe tenere debito conto, per mettere in atto misure di sostegno e agevolazioni per il mantenimento e il consolidamento del settore. Come accennato in precedenza, la casa di proprietà è stata sempre, nei decenni post bellici, la metà più ambita dagli italiani, il passo più importante e impegnativo per i ceti medi. Grazie ad alcuni provvedimenti legislativi degli anni ‘60/’70 si è reso possibile tramutare in realtà il fatidico sogno (legge 167 per l’edilizia popolare e convenzionata, esenzione 25ennale ILOR e altro), tant’è che più dell’80% delle famiglie è riuscito ad ottenere una casa di proprietà; ma nell’ultimo decennio, purtroppo, la musica è cambiata.
I dati riportati periodicamente da organismi di ricerca-marketing rilevano una tendenza di ripresa in termini di atti di compravendita; tuttavia, non si tratta di una risalita sostanziale né di un ritorno alla normalità, per tutta una serie di motivazioni. Innanzitutto la maggior parte degli atti stipulati non variano numericamente i titolari di una casa di proprietà, in quanto frutto di interscambio: si tratta principalmente di familiari di persone anziane che vendono il loro immobile di 4/5 vani per comprarne uno più piccolo; viceversa, le giovani coppie che avevamo già acquistato un appartamento piccolo vendono tale unità immobiliare e ne comprano una più grande, per le maggiori esigenze abitative intervenute nel frattempo. Poi ci sono le fasce alte, i ceti sociali con una stabilità economica consolidata che, comunque, sono in grado di acquisire unità immobiliari anche di nuova costruzione. Per i ceti medi, al contrario, è molto difficile compiere il fatidico passo, nonostante il tasso dei mutui molto basso e conveniente, a causa dei parametri bancari variati in senso vessatorio e restrittivo. Nel contesto attuale, con la crisi economica in cui imperversa la stragrande maggioranza dei settori produttivi, per l’emergenza Covid19, tutto diventa più difficile. Non resta che la speranza che tutto passi quanto prima e che vengano assunti provvedimenti di sostegno alle attività in difficoltà, con il rischio di una drammatica recessione. Nel caso specifico del mercato immobiliare-edilizio, si auspica che possano essere adottate, al termine dell’emergenza sanitaria, misure coraggiose per favorire la ripresa effettiva e sostanziale del settore e, di riflesso, dell’economia generale del Paese.
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