IL METAVERSO - I ^ PARTE

L’ultima frontiera dell’esplorazione digitale

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“C’è un altro mondo, ma è in questo”

Paul Eluard (1895-1952)

Il Metaverso, l’ultima frontiera dell’esplorazione digitale, in un futuro molto prossimo, sembra sia destinato a spostare i confini della plurimillenaria storia dell’umanità, oltre la dimensione fisica spazio-temporale.

cms_29008/1.jpgCondivido con i lettori di IWP il pensiero di Michela Fioretti, laureata con lode in Materie Letterarie, (indirizzo Filologico Moderno), all’Università La Sapienza di Roma. Il corso di alta specializzazione Blockchain-Elite con i più qualificati docenti in campo internazionale, le ha offerto una visione trasversale del cambiamento in atto, da quella filosofica, sociologica e antropologica, a quella espressamente tecnologica, fisico/matematica.

Un desiderio che da sempre accompagna l’uomo, quello di rompere i limiti del qui e ora – inesorabile condizione della materia che tutto circoscrive e delimita – per ritrovarsi in un altro tempo o, contemporaneamente nello stesso, ma in un altro spazio.

È il dono rarissimo dell’ubiquità, fin qui superna virtù ad esclusivo appannaggio divino, che si fa facile attributo dell’uomo contemporaneo a cui, come unico requisito, si richiede non una potente inclinazione all’Assoluto, ma una connessione di Rete.

Il Metaverso è Kairos che vince l’impietoso Chronos e che dispensa gaio opportunità istantanee, svincolando l’uomo dal giogo di un battere ineluttabile, dalla certezza della fine e dalla caducità effimera di ogni cosa terrena.

L’estensione della realtà oggettiva in infinite realtà possibili, è un cambiamento di prospettiva tanto ampio da offrire occasioni e prospettive, finora inimmaginabili.

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Un angolo di visuale futuribile, illuminato da un’innovazione tecnologica che ha puntato il suo occhio di bue sulle relazioni sociali in questo ultimo ventennio.

Il Metaverso, con la sua tridimensionalità, deriva infatti da un percorso tanto veloce, quanto rivoluzionario, intrapreso a partire dall’anno 2004, anno che, come pietra miliare per la società contemporanea, segna la nascita del primo social network, Facebook, destinato a cambiare gli archetipi dei rapporti interpersonali del nostro tempo.

L’origine del social, che è già storia, ad opera di un visionario studente di psicologia, nonché abile programmatore dell’Università di Harvard, Mark Zuckerberg, si è resa possibile perché, in quegli anni, la tecnologia aveva compiuto l’enorme evoluzione dal web 1.0 al web 2.0.

Il primo tipo di web, l’1.0, detto statico, che prese vita nel 1991 permise la realizzazione delle prime piattaforme, consentendo una pionieristica navigazione in Rete ad un’élite di tecnici, di sperimentatori e avanguardisti sociali, i quali potevano visionare i contenuti immessi nei siti e acquistarne i prodotti, senza però alcuna possibilità di interazione tramite Internet.

Di lì, l’autentica trasformazione dei tempi contemporanei, che ha segnato un nuovo paradigma socio/culturale, è avvenuta con il web 2.0, o dinamico, il quale si è sviluppato quando l’innovazione tecnologica ha eletto l’utente di Rete protagonista incontrastato di Internet, consegnandogli, con un semplice click, la possibilità di scegliere, creare, modificare e condividere contenuti online.

Ciò ha significato dare voce alle masse, trasversalmente e simultaneamente in qualunque luogo del mondo tecnologizzato, favorendo enormi flussi di aggregazione.

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L’acume e la visione del giovane Zuckerberg di assecondare la naturale propensione umana alla compartecipazione di intenti e di interessi, ha così esponenzialmente amplificato il riconoscimento e il sentimento di appartenenza a una comunità, del tutto slegato dal genere, dal ceto sociale, dall’età anagrafica o dalla provenienza geografica, per essere tenuto insieme da un qualsivoglia argomento condiviso.

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Il filo di Internet, con una velocità sbalorditiva, quella del tempo reale, ha preso a connettere e a unire non solo interessi, passioni e professioni ma anche, e forse soprattutto, solitudini.

Il processo di globalizzazione già avviato dai mass media, grazie all’accorciamento di distanze, essenzialmente culturali, grazie al tam tam di Rete e soprattutto all’attiva partecipazione di gruppo a contenuti degni di una massiccia attenzione, ha rappresentato il primo, fondamentale corollario della larga diffusione di Internet.

In poco tempo, essendo stato esteso così lungamente il tessuto delle relazioni sociali di ogni utente del web, hanno preso a vacillare le, fin lì valide, teorie semiotiche e sociologiche dei sei gradi di separazione, elaborate per la prima volta negli anni ‘30 da Frigyes Karinthy nella sua raccolta di racconti Catene 1, riducendole in soli dodici anni (ossia dalla nascita di Facebook al 2016, anno di pubblicazione del primo report sul tema, da parte della multinazionale statunitense) a 3,57, per accorciarle ancora nel 2019 a 3,0 gradi e quasi azzerarle con l’avvento della pandemia, che ha dato un’ulteriore, vigorosissima, accelerazione, alle relazioni online.

La presenza sempre più numerosa e costante della popolazione mondiale in Rete; la trasposizione di una quantità, velocemente crescente, di attività sul web, da quelle ricreative, a quelle professionali a quelle di studio, oltreché quelle relazionali, ha mosso in questi anni non solo la ricerca tecnologica a spingersi sempre più in là – in virtù di un’ innovazione digitale basata sull’AI (Artificial Intelligence), sul 5G, sull’IoT (Internet of Things) e sull’IoE (Internet of Everything) – ma ha suscitato anche in ambito umanistico una profonda riflessione filosofico/sociologica sul cambiamento antropologico in atto.

cms_29008/5.jpgUno dei più raffinati filosofi e studiosi del tema digitale, Luciano Floridi, professore di filosofia ed etica dell’informazione presso l’Oxford Internet Institute dell’Università di Oxford e professore di Sociologia presso l’Università di Bologna, osservando il nuovo habitat digitale in cui l’uomo si trova immerso, ha spezzato, con estrema perspicacia, la dicotomia dell’essere online oppure offline, con un avverbio che racconta alla perfezione la condizione esperienziale, concreta e fattuale dell’uomo odierno, nell’ essere perennemente onlife, vale a dire racconta quella facoltà del tutto nuova, concessa dalla digitalizzazione, di sovrapporre ogni singola, finita e limitata realtà fisica, ad un’ infinità di realtà virtuali, completamente fluide da cui si entra e si esce senza riconoscerne quasi più la differenza.

Gli algoritmi, i byte e i bit appartengono ormai alla quotidianità di tutti, operando all’interno di strumenti digitali, che rappresentano nuove estensioni sintetiche del corpo umano, quelle da cui si accede ai molteplici ambiti di Rete, a servizio ininterrotto di necessità contingenti.

L’ulteriore passo tecnologico, rappresentato dal web 3.0, o web semantico, che contraddistingue i nostri giorni, sta incentrando il proprio impegno alla risoluzione di una comunicazione e interpretazione del linguaggio, tra essere umano e macchina, più coerente ai contenuti ricercati, grazie anche all’ausilio del deep learning, una tecnica di apprendimento profondo che espone reti neurali artificiali a quantità enormi di dati, così da poter svolgere ogni attività richiesta dall’uomo in modo ottimamente esaudiente.

Contemporaneamente il web 3.0, per fornire un’esperienza maggiormente performante, sia che si tratti di intrattenimento o di lavoro, superando i limiti della bidimensionalità, intende offrire quella che, ancora una volta con spirito pionieristico Zuckerberg ha definito “esperienza immersiva”, vale a dire l’accesso in Internet in 3D.

E, seppure nell’ambito del game la tridimensionalità è già dagli anni ‘90 caratteristica fondante di taluni giochi, il Metaverso resta ancora un’ambizione futuristica della tecnologia che ne sta mettendo a punto la realizzazione.

In quella che viene definita l’evoluzione di internet, sarà infatti non il personaggio di un gioco, ma l’utente stesso ad entrare in miriadi di realtà altre e intangibili, proiettate nel passato, nel futuro o in un presente parallelo, ovunque sulla terra e nell’ universo.

Elaborando tutte le informazioni e i dati biometrici degli utilizzatori della realtà virtuale, il Metaverso verrà popolato da altrettanti avatar, completamente rispondenti per caratteristiche fisiche, fisiologiche e comportamentali, agli originali che vivono e si muovono nella concretezza dell’esistenza reale.

Un hic et nunc illimitatamente dilatato, in cui perfetti replicanti umani dall’univoca identità, agiranno nei più variegati ambienti olografici.

(Continua)

Antonella Giordano

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Patrizia

Sono molto contenta di aver letto un’esposizione chiara e semplice su questo argomento controverso e plaudo all autrice che mi ha "hic et nunc" illuminato...
Commento del 20:19 16/01/2023 | Leggi articolo...



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