IL PORTO DELLE NEBBIE

GRAZIELLA ED ITALO

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Beirut, 2 settembre 1980. Zona di guerra, o meglio zona di guerre. Guerre civili, che misero in ginocchio il paese considerato la Svizzera del Medio Oriente. Due giornalisti, Graziella De Palo ed Italo Toni, sono in procinto di salire su una jeep che dovrebbe condurli presso il Castello di Beaufort, una postazione occupata dall’O.L.P., l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, operante nei territori del sud del Libano, frequentemente al centro degli attacchi da parte delle forze armate israeliane. È un momento di confusione politica globale, tra servizi segreti e forze di pace dell’O.N.U., tra finte alleanze ed attentati, Graziella ed Italo provano a cercare la verità sul traffico di armi che vede coinvolta l’Italia. Tra i nomi all’attenzione di Graziella spicca quello del colonnello Stefano Giovannone, responsabile del SISMI (servizio informazioni e sicurezza militare) a Beirut. Dal momento in cui Graziella ed Italo escono dall’Hotel Triumph però, se ne perdono le tracce.

cms_6151/2.jpgSvaniscono nel nulla, e nonostante il giorno prima avessero avvertito l’Ambasciata Italiana sul posto di cercarli, in caso non avessero fatto ritorno entro 3 giorni, l’allerta scatta solo il 15 settembre, ben 12 giorni dopo, e solamente dopo aver ricevuto pressioni da parte della famiglia di Graziella, ovviamente preoccupata. Delle indagini viene incaricato proprio il colonnello Giovannone, ma sarà l’ambasciatore italiano, D’Andrea, ad inviare un telegramma alla segreteria generale del Ministero degli Esteri, in cui afferma che si tratta di un rapimento, avvenuto ad opera di Al Fatah, una organizzazione nazionalista palestinese. Da questo momento inizia una serie di omissioni e depistaggi, che portano ad intorbidire le acque, vanificando gli sforzi fatti per arrivare a comprendere cosa sia successo veramente. Innanzitutto il telegramma dell’ambasciatore D’Andrea venne ignorato dall’allora segretario generale del Ministero degli Esteri, Francesco Manfatti di Montretto, il cui nome verrà rinvenuto sugli elenchi degli affiliati alla P2. Il colonnello Giovannone invece, per distogliere le attenzioni dall’O.L.P., con cui aveva rapporti di collaborazione, indirizzò i sospetti verso i falangisti cristiano maroniti (un movimento indipendentista libanese) che controllavano la zona est di Beirut. Ancora una falsa segnalazione che indicava nell’ospedale americano di Beirut la presenza dei cadaveri dei due giornalisti. Yasser Arafat, leader di Al Fatah, promise la liberazione di Graziella ed Italo nell’aprile del 1981, dopo aver incontrato la famiglia De Palo, ma la promessa cadde nel vuoto. Nel 1984 sulla vicenda venne apposto il Segreto di Stato da parte del Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, ma il desecretamento, avvenuto nel 2014, non ha portato a nuove rivelazioni. Cercando di tessere i fili della storia italiana dell’epoca si possono trovare delle corrispondenze, come ad esempio la strage alla Stazione di Bologna nell’agosto del 1980. Anche in quella vicenda comparve il nome del colonnello Giovannone, così come comparivano i nome di importanti esponenti palestinesi. Inoltre, nel 1979 era stato arrestato il terrorista palestinese Abu Saleh, per cui l’O.L.P. aveva chiesto il rispetto del cosiddetto “lodo Moro”, un lasciapassare per il territorio italiano.

cms_6151/3.jpgEd inoltre non è un particolare da poco ricordare che Graziella aveva iniziato una inchiesta parallela, proprio sulla strage di Bologna. La P2, che in quegli anni gestiva il potere e le relazioni internazionali sommerse, aveva i propri uomini nei punti nevralgici dei servizi segreti, e la P2 ovviamente aveva un debito con la massoneria d’oltreoceano, a sua volta dalla parte di Israele. In un tragico gioco delle parti si è preferito far scomparire chi poteva mandare all’aria le carte, svelando complicità ed accordi, mantenendo uno status quo, anche di facciata, che consentiva di proseguire con lo scambio di armi, droga, soldi. Nonostante tutto però Graziella ed Italo continuano a non tornare, ad essere ricoperti dalla polvere del tempo, che seppellisce ogni cosa. I loro nomi, sempre per volontà di Craxi, vennero rimossi dagli almanacchi ufficiali, dove sono riportati i giornalisti caduti durante lo svolgimento del lavoro. La verità resta nascosta, e noi possiamo solo sperare di trovarla, come una nave cerca la rotta uscendo dal porto delle nebbie.

Paolo Varese

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