IL RISPETTO
Uso corretto delle parole

Il rispetto nasce anche da un uso corretto delle parole. Vediamo perché.
La lingua italiana ha una nobile origine: il latino. Ogni nostro vocabolo ha in sé un significato storico e culturale che affonda le radici nella Roma classica, per cui se ci soffermiamo, anche in modo superficiale, sull’etimologia delle nostre parole, abbiamo davanti agli occhi uno spaccato della società del tempo dove a farla da padrone era una mentalità misogina che non considerava la donna come individuo.
Qualche esempio chiarificatore è d’obbligo.
Consul, Dictator (dittatore ma con significato diverso da quello attuale), Iudex, Magistratus erano dclinati sono al maschile. E questo perché alla donna, per ignorantia iuris (ignoranza della legge ) , infirmitas sexus (debolezza sessuale), levitatem animi (leggerezza d’animo), imbecillitas mentis (incapacità / inferiorità mentale) era vietato ogni incarico civile e pubblico , come recitava il Digesto ed era esclusa dagli officiis virilibus.
Pertanto, non potendo essere giudice, né assumere cariche militari e magistrali era perfettamente inutile creare un nome al femminile per loro... Per le professioni "alte" e per gli incarichi politici esistevamo solamente termini al maschile mentre per i lavori più "umili " i nomi venivano declinati anche al femminile: uno per tutti servus /serva.
Più fonti del tempo, riferiscono che le donne si dedicavano ai lavori domestici, secondo il mos maiorum, cioè la consuetudine e potevano esercitare solo quei lavori cui l’ uomo era poco adatto, tipo parrucchiere.
Questa differenza lavorativa attraversa i secoli praticamente immutata.
Oggi, fortunatamente, dopo tante lotte e bracci di ferro, le donne possono esercitare qualunque professione, politica compresa, ma si fa ancora fatica a "femminilizzare" i termini per connotare le donne in posizioni lavorative di una certa importanza.
Se è vero che il nostro orecchio fatica ad accettare parole quali Ingegnera, Assessora, Senatora, Sindaca perché stridono (per mancanza di abitudine!), è pur vero che declinandoli solo al maschile è una forma discriminatoria ed è un’offesa dell’individualità della donna.
È come se fosse un "Memento”: ricordati donna che fai un lavoro da uomo!
Utilizzare un linguaggio corretto è importantissimo, come diceva Nanni Moretti in " Palombella rossa".
È un modo per evitare equivoci. Le parole esprimono i nostri pensieri, i nostri giudizi: con le parole, noi comunichiamo ed educhiamo... Il rispetto nasce da un uso corretto del linguaggio.
Discutere sulla distinzione di genere nei vocaboli è pertanto tutt’altro che un problema di lana caprina e considerare questo argomento inutile o pretestuoso è la negazione della parità donna /uomo.
Purtroppo, e questo ce lo insegna la Storia, a volte sono proprio le donne, le prime a porre dei freni e a mettere i bastoni fra le ruote rallentando così il processo di uguaglianza.
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