IL SERPENTE

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Simbolo della tentazione per antonomasia, il serpente rappresenta in verità una vasta gamma di concetti e significati, a volte diametralmente opposti.

Da che esiste il mondo, per qualunque cultura, religione e leggenda, il serpente racchiude una simbologia antica e complessa.

Per comprenderla, partiamo dall’osservazione delle sue caratteristiche fisiche.

Il serpente vive negli anfratti della terra, ai margini dei sentieri o lungo i corsi d’acqua. In ogni caso, nascosto agli occhi dei disturbatori e protetto dalla vegetazione.

Gea, la Madre Terra, è il grembo che lo custodisce, lo nutre e lo protegge. Animale primordiale (vedi Genesi 3), egli ama nascondersi nelle viscere della Grande Madre, assumendone il potere primigenio.

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Questo rettile è infatti collegato alle forti energie della profondità terrestre. Egli vive di queste energie, vibra all’unisono con esse, divenendo così l’archetipo della vita stessa. Non solo. Per il fatto che, dal sottosuolo emerge alla luce, è considerato il simbolo della Conoscenza.

La peculiarità di cambiare pelle, lo riconduce inoltre al processo di trasformazione - tanto interiore che esteriore - e al ciclo di morte e rinascita. Parliamo dunque di un “pasqua”, ovvero di un passaggio dal sonno al risveglio, a cui cui segue il profondo cambiamento dovuto al raggiungimento della consapevolezza.

Simbolo dell’immortalità per gli antichi Greci, il serpente rappresenta quell’energia vitale - la Kundalini - che scorre attraverso tutti gli esseri viventi.

Non per nulla, il serpente è anche il simbolo della guarigione, intesa come liberazione da tutto ciò che può separarci dalla sorgente divina. Ciò vale tanto sul piano spirituale quanto su quello fisico. Pensate che, anticamente, il suo veleno veniva utilizzato per curare certe malattie, dosandolo sapientemente con le erbe medicinali. Oggi ancora il Caduceo - la verga con due serpenti simmetricamente intrecciati e due ali aperte alla sommità - è l’emblema dell’Ordine dei Medici.

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Il caduceo, simbolo dell’Ordine dei Medici

Nell’energia del serpente risiede, dunque, il potere della guarigione, un potere che viene dall’unione del maschile e del femminile, non solo rappresentati dall’uomo e dalla donna, ma anche - e soprattutto - da quelle due energie opposte insite in essere umano.
La kundalini, termine sanscrito che significa “avvolta” o “arrotolata”, è l’espressione di quell’unione: essa si trova all’interno del nostro corpo, alla base della colonna vertebrale tra l’ano e i genitali, avvolta su stessa in tre spire, proprio come un serpente.

Il serpente è dunque il simbolo dell’energia sessuale ed ha ha un profondo legame con il mondo femminile primordiale. Infatti la muta di questo rettile è associata alla Luna e ai suoi cicli che condizionano tanto la Madre Terra quanto il corpo della donna. È l’energia che genera la vita, a tutti i livelli.

La donna è l’archetipo della vita, è colei che ha il potere di concepire e di generare. Simbolo della Grande Madre, accoglie nel suo grembo il seme che, dando il suo frutto, genera a sua volta una nuova vita.

L’uroboro mitologico è proprio il simbolo di questo eterno ciclo. Un ciclo che, nella donna, ha origine nel sangue. Anticamente si riteneva che la causa del ciclo mestruale fosse proprio il morso di un serpente e che, durante il ciclo, le donne potessero attirare il suo amore ed essere da lui fecondate.

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L’uroboro mitologico

Nell’antico Egitto il simbolo del serpente balza all’occhio. Esso rappresentava il potere regale, l’immortalità e la rinascita.

Wadiet, dea della giustizia e della protezione, era raffigurata con un corpo o una testa di cobra. Neith, dea della guerra, era invece raffigurata con un copricapo a forma di cobra.

I sacerdoti compivano molti dei loro rituali con i serpenti e vi era la convinzione che, prima di reincarnarsi in un altro essere umano o in un animale, le anime dei mortali diventassero delle serpi.

Nell’antica Grecia vi erano invece le Pitonesse, messaggere sacre della Dea Serpente, che vaticinavano in suo nome. Le “pythie” (serpi), pitonesse o drakaine erano sacerdotesse che profetizzavano il futuro, grazie alla loro connessione con la Terra e le dimensioni divine. Ne parla anche la Bibbia, nel 1 libro di Samuele al capitolo 28.
Tutto ciò premesso, l’ultima interpretazione che ci appare del Serpente è quella della tentazione. Complice di questa simbologia è il racconto veterotestamentario del giardino dell’Eden, dove Adamo ed Eva sono indotti dal serpente a mangiare il frutto proibito dall’albero della Conoscenza. È questa la storia ha contribuito a costruire l’archetipo del “serpente tentatore“.

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“La tentazione di Adamo ed Eva” (dettaglio), Masolino (1425-1426)

Nell’Apocalisse di Giovanni è pacifica l’identificazione del serpente con Satana. L’iconografia mariana, in particolare, raffigura “la Donna” (Maria) coronata di stelle nell’atto di schiacciare la testa al drago (Apocalisse 12).

Tornando all’Antico Testamento, nel libro dei Numeri il bastone di Mosè si trasforma nel serpente arcaico Nehushtan: “Mosè allora fece un serpente di rame e lo mise sopra l’asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di rame, restava in vita.” (Numeri 21,9) L’evangelista Giovanni ricondurrà questo testo alla figura del Salvatore neotestamentario: “Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna” (Giovanni 3,14-15).

Insomma, tante sono le simbologie legate alla figura del serpente e, quand’anche fossero “negative”, trovano sempre uno sbocco positivo. Come la luna che, malgrado le sue due facce, non manca mai di squarciare le tenebre della notte.

Simona HeArt

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