INDIA COSTRETTA AL LOCKDOWN, MA STAVOLTA IL COVID NON C’ENTRA

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"In quale altro modo potremo vivere?". Queste le strazianti parole pronunciate dal giudice supremo indiano N.V. Ramana, che ben riassumono la situazione vissuta dalla città di New Delhi da qualche giorno a questa parte. La capitale è invasa da una terribile e pericolosa nube di smog, che ha costretto il governo a prendere una decisione estrema quanto necessaria: un lockdown finalizzato non ad arginare il diffondersi del coronavirus, bensì a scongiurare i devastanti effetti dell’inquinamento sulla salute dei cittadini. Si presume che, per tutta la settimana appena iniziata, le scuole e gli uffici resteranno chiusi: si ricorrerà allo smartworking e alla didattica a distanza. Anche i lavori edili si fermeranno per qualche giorno, cercando così di limitare l’emissione di ulteriori polveri nell’aria.

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La situazione è precipitata lo scorso 13 novembre, quando è stato rilevato un livello di particelle PM 2,5 venti volte superiore alla quantità massima raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Ricordiamo che le particelle PM 2,5, per via del loro ridottissimo diametro (inferiore, appunto, ai 2,5 micron), sono capaci di penetrare negli alveoli polmonari raggiungendo facilmente il flusso sanguigno, con conseguenze devastanti a breve e lungo termine: non a caso, sono annoverate tra gli agenti potenzialmente cancerogeni. Gli effetti sulla salute della popolazione sono testimoniati dalla crescente pressione sulle strutture ospedaliere, chiamate a rispondere a questa nuova e (più o meno) inaspettata emergenza: “Vediamo 12-14 pazienti al giorno al pronto soccorso, soprattutto di notte, quando i sintomi causano disturbi del sonno e panico” avrebbe dichiarato il dottor Suranjit Chatterjee ai microfoni del Times of India. Le autorità hanno stimato che tale condizione potrebbe protrarsi fino al prossimo 18 novembre, per via dei venti troppo leggeri e del conseguente “ristagno” dell’aria, anche e soprattutto nelle ore notturne.

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Quali fattori concorrono nel dar vita ad un simile disastro? Nel caso dell’India, le concause sono tante e piuttosto variegate, facendo sì che il paese sorpassasse la Cina nella classifica dei più grandi inquinatori al mondo. Gran parte delle emissioni nocive proviene da fabbriche, traffico e incendi agricoli che in inverno aumentano di frequenza e intensità. Gli agricoltori, infatti, ignorando l’esplicito divieto imposto dalla Corte Suprema, sono soliti bruciare stoppie o residui di raccolto per liberare spazio e poter procedere con le coltivazioni di grano. Gli esperti hanno reso noti i dati raccolti in merito agli incendi dell’ultimo periodo e ne è emersa una stima alquanto allarmante per il 2021, il che spiegherebbe la rapida successione di eventi che ha condotto alla presa di posizione dura ed inevitabile da parte dell’amministrazione.

Anna Maria Stanca

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