IN AUMENTO IL NUMERO DEI MORTI IN MARE

E l’OIM denuncia i rimpatri spregiudicati

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L’Organizzazione mondiale per l’immigrazione ha denunciato un preoccupante incremento delle morti in mare nel corso della prima metà del 2021. Secondo le statistiche pubblicate da un recente rapporto, si tratterebbe di circa 1.146 persone, che hanno perso la vita in mare, nel tentativo di raggiungere la terra ferma per mezzo dei barconi; un dato rilevante se comparato ai numeri registrati nello stesso periodo nel 2020, con un bilancio di 513 vittime e ancor prima, nel 2019, con 674. Oltre al bacino del Mediterraneo, le isole Canarie sembrerebbero il punto più caldo della tragedia umanitaria che si sta consumando silenziosamente sotto gli occhi di tutti, con 250 vittime accertate, inghiottite nella gola dell’Oceano Atlantico.

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Al contempo OIM e UNHCR avanzano denunce circa le procedure di rimpatrio messe in atto da molti stati, in dispregio del principio di non réfoulement, verso paesi quali la Libia, dove è risaputo che sussistono le condizioni per temere a ragione di essere sottoposti a torture e trattamenti inumani e degradanti. Risale allo scorso 14 giugno l’episodio che ha visto la nave “Von Triton”, battente bandiera di Gibilterra, riconsegnare oltre 270 migranti alla Guardia Costiera Libica, che li ha ricondotti al porto di Tripoli e consegnati nelle grinfie delle autorità locali.

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La Guardia Costiera libica ha riportato più di 13.000 persone in Libia quest’anno, un numero che ha già superato il totale di tutti i migranti intercettati in mare e riportati indietro nel corso dell’intero 2020. L’esposizione dei migranti rimpatriati in Libia a rischi quali abusi, trattamenti inumani o coinvolgimento in reti di traffico di esseri umani, rende più che mai necessaria l’istituzione di un processo di revisione giudiziaria, a cui le organizzazioni internazionali si appellano per porre fine alla detenzione arbitraria.

Federica Scippa

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