IRAN, PROTESTE DOPO UCCISIONE DI MASHA AMINI

Le donne chiedono il riconoscimento dei diritti umani fondamentali, sempre più osteggiato dalle istituzioni

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Nelle ultime ore, una folla di donne ha protestato per le strade della capitale dell’Iran e del Kurdistan iraniano generando scompiglio. Il motivo scatenante risiede nella morte improvvisa di una giovane ragazza di 22 anni, arrestata per aver indossato il velo in modo sbagliato.

Mahsa Amini - questo il nome della vittima - si trovava in vacanza a Teheran con la sua famiglia. Come accennato poc’anzi, è stata fermata dalla polizia locale perché un ciuffo di capelli non era coperto dal velo. Subito dopo l’arresto non si sono più avute notizie di lei fino all’improvviso ricovero in ospedale. Entrata in coma, è morta di lì a poco.

La polizia ha archiviato il caso come tragico incidente, dichiarando che il decesso della giovane sia stato causato da un arresto cardiaco. In realtà, però, il padre ha fatto sapere che Masha godeva di ottime condizioni fisiche e immediatamente un nutrito gruppo di persone, per lo più donne, si è riunito per protestare contro le presunte torture e maltrattamenti che la polizia avrebbe perpetrato sulla ragazza, la cui posizione è stata quasi certamente aggravata dalle origini curde.

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Il caso, subito ripreso dai media locali, si è aperto in un momento molto delicato per il paese in quanto si sono registrati nell’ultimo periodo diversi scontri tra i leader del governo iraniano e la popolazione, che chiede incessantemente il riconoscimento dei diritti fondamentali. Infatti, il Presidente Ebrahim Raisi ha recentemente sottoscritto un decreto che limita la libertà di espressione per ciò che concerne proprio l’abbigliamento e la castità.

Le donne iraniane hanno così deciso di portare in piazza la loro protesta contro la Guida Suprema Ayatollah Ali Khamenei, tagliandosi i capelli e bruciando gli hijab.

Da Seqez a Rasht, da Divandarreh fino a Teheran, per le strade si odono urla e si vedono donne che lottano per i loro diritti, ormai stanche di essere sottomesse a un regime retrogrado.

Mohsen Mansouri, governatore della provincia, ha dichiarato che i manifestanti hanno portato in città distruzione e paura, tanto da dover far intervenire le forze dell’ordine che hanno sparato sulla folla uccidendo 5 persone e ferendone almeno 75. Innumerevoli anche gli arresti, che secondo una stima sarebbero circa 250.

Nel frattempo, il rappresentante dell’Ayatollah nel Kurdistan, Abdolreza Pourzahabi, ha fatto visita alla famiglia di Masha, promettendo che le istituzioni indagheranno sull’accaduto e faranno giustizia.

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La foto di Masha, ripresa dagli attivisti sui propri cartelloni, ha fatto il giro del mondo, innescando le proteste delle varie comunità iraniane sparse per il globo.

Anche l’Onu ha condannato aspramente l’episodio. L’alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ad interim, Al-Nashif, si è così espresso: “La tragica morte di Mahsa Amini e le accuse di tortura e maltrattamenti devono essere indagate in modo rapido, imparziale ed efficace da un’autorità indipendente competente, assicurando, in particolare, che la sua famiglia abbia accesso alla giustizia e alla verità”.

Antonio Conversano

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