IRAN: IL GOVERNO ARRESTA PIU’ DI 400 PERSONE

La Repubblica Islamica non abbandona la sua politica repressiva, con esecuzioni sempre più brutali  

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cms_28698/0.jpgDopo la morte di Mahsa Amini, in Iran è in atto una vera e propria guerra civile tra i manifestanti e il governo.

La Repubblica Islamica ha deciso di usare il pugno duro, adottando una serie di provvedimenti che poco hanno a che fare con la sua dichiarata forma repubblicana e che, al contrario, si identificano con un regime dittatoriale.

Il fanatismo religioso sta toccando l’apice, e grazie al braccio armato dello Stato, sta mietendo innumerevoli vittime. L’ultima, in ordine di tempo, è Majidreza Rahnavard, ragazzo di appena 23 anni, impiccato in pubblica piazza davanti agli occhi increduli dei passanti accorsi a protestare.

L’accusa è tradimento alla legge islamica, la sharia.

Con le stesse accuse è stato condannato a morte giorni fa Mohsen Shekari e chissà quanti altri seguiranno la stessa sorte del ragazzo.

La magistratura ha ordinato la condanna a morte di altre undici persone, mentre altre quattrocento sono state arrestate con pene che sfiorano anche gli 80 anni di detenzione.

Sotto scacco dei giudici anche una settantina di giornalisti, che sono stati arrestati per far tacere e inculcare paura tra la popolazione e ai mass media locali.

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Processi penali lampo, uso delle forze armate inappropriato, giustizia arbitraria: sono queste le caratteristiche dello Stato Islamico, pronto a sacrificare i diritti fondamentali dei propri cittadini in difesa di una religione, che sulla carta si professa amorevole, ma che in realtà è tutt’altro.

Non sono stati risparmiati neanche i più piccoli, tra i quali si contato almeno quaranta morti durante le manifestazioni: bambini e adolescenti sparati a sangue freddo, al capo, davanti alle proprie madri incredule, o soffocati dai gas lacrimogeni.

La repressione sembra non avere fine e gli Stati europei hanno richiamato i propri rappresentanti in Iran con la raccomandazione di fare rientro nei Paesi di origine. Francia, Inghilterra e Canada hanno subito dimostrato il loro dissenso a questa politica omicida con l’erogazione di pesanti sanzioni a Teheran.

Mohammad Khatami, ex presidente iraniano, ha dichiarato che le impiccagioni e il clima di terrore non farà altro che peggiorare la situazione attuale, aizzando la popolazione che prima o poi chiederà la testa dei politici a capo del Governo.

Dello stesso parere Mirhossein Mousavi, ex primo ministro dell’Iran, attualmente in detenuto in carcere, che ha dichiarato che l’Iran si distruggerà con le sue stesse mani.

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Amnesty International lancia l’allarme per salvare il rapper Saman Seydi, arrestato durante le proteste e detenuto nel carcere di massima sicurezza Rajài Shahr di Karaj, che dovrebbe essere impiccato nei prossimi giorni dopo aver rilasciato una falsa confessione sotto tortura. Anche il cantante era stato incarcerato con l’accusa di inimicizia verso Dio per essersi ribellato al regime e per aver diffuso canzoni con testi che denunciavano il clima di terrorismo imposto dal Governo.

Amnesty ha dichiarato che nei prossimi giorni si assisterà probabilmente ad altre esecuzioni di giovani uomini e non sarà possibile per le famiglie dei deceduti dare loro l’ultimo saluto, in quanto il governo ha vietato le celebrazioni dei funerali per non generare altre proteste incontrollate.

Nelle ultime ore si è registrato anche l’arresto di diversi giornalisti di mittenti occidentali, con l’accusa di aver diffuso le immagini delle varie impiccagioni.

Le persone arrestate sarebbero accusate di aver inviato alle loro redazioni immagini e video delle esecuzioni e, al momento, sono in stato di fermo in un carcere di Pardis, a pochi chilometri da Teheran

Antonio Conversano

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