ISRAELE E PALESTINA, POSSIBILE ACCORDO SUL GAS CON COLLABORAZIONE EGITTO

Con il benestare dell’Egitto

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La notizia potrebbe avere una portata storica: Israele e Palestina tentano un dialogo per lo sviluppo dei giacimenti di gas naturale siti nelle acque antistanti Gaza. Con la collaborazione dell’Egitto, infatti, è stato annunciato direttamente dal premier israeliano Benyamin Netanyahu che, detto sviluppo, avrà luogo “nel quadro degli sforzi esistenti” tra questi tre paesi, “con particolare attenzione allo sviluppo economico palestinese e al mantenimento della stabilità della sicurezza nella regione”.

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Il sito, denominato, “Gaza Marine”, si stima contenga oltre mille miliardi di metri cubi di gas naturale, giacimento che supera il fabbisogno di tutta la Palestina e che, addirittura, consentirebbe l’esportazione. Una vera manna per l’economia di quel paese, che finanziariamente non se la passa bene. Gli stessi media israeliani (The Times of Israel) affermano che questa politica, definita “un ramoscello d’ulivo per i palestinesi”, porterà nelle casse di quello stato milioni di dollari. Al momento, però non è giunto alcun commento dalla controparte, a quella che sostanzialmente è una dichiarazione unilaterale. “Stiamo aspettando di sapere esattamente cosa hanno concordato gli israeliani nei dettagli. Non possiamo prendere una posizione sulla base di una dichiarazione ai media”, ha affermato un funzionario palestinese all’agenzia Reuters, mentre Ismail Rudwan, funzionario di Hamas, ha reclamato la paternità di questi ritrovamenti, dal momento che “la nostra gente a Gaza ha diritto alle proprie risorse naturali”.

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È da decenni che si discute di questi giacimenti e del loro sfruttamento, senza mai che detti piani si siano trasformati in qualcosa di concreto. È infatti dal 1999 che l’argomento è al centro delle attenzioni politiche, sin da quando l’Anp (Autorità Nazionale Palestinese) incaricò la British Gas per le prime esplorazioni dell’area, individuata a circa 30 chilometri (19 miglia) al largo di Gaza. Nonostante le scoperte di ben due siti, il Marine 1 e il Marine 2, la società britannica non finalizzò l’accordo, a causa delle tensioni nella Striscia. Nel 2007, allorquando stava per essere sottoscritto il contratto che avrebbe trasportato il gas estratto anche nella Striscia e in Cisgiordania, Hamas prese il controllo della regione, scoraggiando le parti che temevano introiti solo per il noto gruppo fondamentalista islamico. Dopo varie vicissitudini si è giunti al 2016, quando venne individuata la Shell quale nuovo partner commerciale per lo sfruttamento. Anch’esso, però, dopo un paio di anni, rinunciò al contratto.

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Questa volta però sembra che tutto stia andando per il verso giusto, nonostante il progetto sia “soggetto al coordinamento tra i servizi di sicurezza e al dialogo diretto con l’Egitto”. La dichiarazione israeliana è giunta dopo una serie di vertici sulla sicurezza, svoltisi negli ultimi mesi sia in Giordania che proprio in Egitto. E tutto questo anche nella prospettiva di sostituzione delle energie provenienti dal mercato russo, di cui all’accordo tra UE, Israele ed Egitto: “Israele ed Egitto mireranno ad incrementare le esportazioni di gas naturale verso l’Europa in base a un memorandum d’intesa firmato mercoledì [14 giugno scorso, ndr] mentre il continente cerca di sostituire le importazioni di energia dalla Russia”, si legge in un’agenzia a firma Reuters. Le esportazioni di gas saranno “significative”, ha affermato il ministero dell’Energia israeliano, una mossa politica che incentiverà la partecipazione di aziende commerciali europee interessate agli sviluppi economici dell’operazione. Insomma, il “dono di Allah”, come fu definito il giacimento da parte dell’allora presidente palestinese Yasser Arafat, potrebbe finalmente essere sfruttato.

Enrico Picciolo

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