ISTANTANEE D’AUTORE
Doris Duranti

Fu definita la diva del regime e, con la fine del regime, una rocambolesca fuga la proiettò verso un’altra vita avventurosa in vari luoghi del mondo.
Aveva stabilito come sua ultima residenza Santo Domingo, dove io vissi per un anno.
Un amico comune mi diede questa informazione ed espressi il desiderio di conoscerla.
Volevo scoprire cosa le fosse realmente accaduto al di là di ciò che avevo letto sulla stampa e sull’enciclopedia.
Organizzammo così una cena e posizionammo una telecamera nascosta che riprese 3 ore di conversazione che conservo.
Aveva 74 anni, si presentò elegantissima all’appuntamento e sedemmo vicini.
Amante del cibo e del vino, ci vollero pochi minuti per entrare in sintonia e rispondesse alle mie domande, che ponevo in maniera naturalmente informale.
Era una donna forte, sicura di sé, fiera di come aveva risolto le situazioni critiche che le capitarono.
Confesso che faticai a liberarmi da una certa soggezione che mi provocava.
Era stata la compagna di Pavolini, ministro della cultura nel ventennio; relazione osteggiata da Mussolini e, ghignando, mi disse che bastò un incontro con il duce per convincerlo a lasciarla in pace.
Quel Pavolini che la fece star male facendo uccidere il suo amico Galeazzo Ciano, la aiutò a fuggire, travestita da suora, a Lugano dove fu ospitata da un medico compiacente.
Non riuscì però ad evitare l’arresto e tentò di suicidarsi tagliandosi le vene.
Concentrato sul racconto, sussultai quando fece una rumorosa risata commentando quel gesto dandosi della sciocca.
“Non avevo ancora affinato le mie armi e meno male che mi salvai, mi sarei persa parecchie cose interessanti.... compresa la mia casa qui e i miei cani”.
Sposò il funzionario di polizia che l’aveva poi salvata dall’estradizione, ma giusto il tempo di dimostrargli la sua gratitudine: “ per ringraziarlo gli concessi il privilegio di portarmi nel suo letto... ma era così noiosoooo...”
Infatti, il matrimonio durò poco e, chiesta ed ottenuta la separazione, volò in Argentina, dove era conosciutissima ed entrò subito nelle grazie dell’allora Presidente.
Il primo di quelli con cui si era accompagnerà poi a Cuba, in Venezuela e nella Repubblica Dominicana, dove rimase definitivamente.
In quel primo incontro mi sembrò di sbirciare dal buco della serratura pezzi di storie di vite private; i suoi racconti, oscillanti tra il toscano, il romano e l’italiano puro dei momenti più solenni, mi incantarono come se mi stesse raccontando una favola infinita. Talvolta le sfuggiva qualche parola in spagnolo.
In certi momenti era una vecchia amica che mi rivelava pettegolezzi, in altri era la diva, altera e superba, che aveva dominato l’indominabile, in altri ancora riusciva a trasfigurarsi, annullando la barriera dell’età e apparendomi come una donna affascinante da cui si poteva restare irretiti.
Era tornata per brevissimi periodi in Italia, solo il tempo di girare alcuni film e varie volte percepii una certa nostalgia del suo Paese.
Pochi mesi prima la Rai aveva prodotto una fiction sulla sua vita e le proposi di rendersi disponibile per qualche ospitata televisiva approfittando del momento.
La sua reazione accesa mi fece capire che avevo visto giusto ed in pochi minuti passammo a progettare ben altro che la mia idea iniziale.
Ed in quell’ultima parte della serata, aiutati da un ottimo dolce locale ed una coppa di champagne, scoccò “il nostro folle amore”.
Accompagnandola all’auto che l’aspettava sotto casa, era molto contenta e mi intimò di sbrigarmi a concretizzare qualcosa.
Le dissi che prossimamente avrei dovuto andare a Roma e al mio ritorno ci saremmo rivisti.
Ritardai a tornare in Italia e quando la richiamai aveva già cominciato un altro “viaggio” che l’avrebbe portata, di lì a poco, in una dimensione dove avrebbe trovato la vera serenità.
Da allora preferii ricordare, come sue ultime parole, ciò che mi disse quella sera, prima di chiudere lo sportello dell’auto: Tu me caes bien!
(Le foto che mi ritraggono con Doris Duranti sono di mia proprietà)
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