IVANA SPAGNA

Le foto che corredano questa istantanea sono vari tentativi di farci un selfie decente visto che non c’è mai stata occasione che qualcuno ci fotografasse insieme.
Ho lavorato con lei poche volte, ma sono bastate a comprendere alcuni suoi aspetti che ne fanno una donna da apprezzare.
L’elemento più evidente è la sua gentilezza che fa trasparire il rispetto che sente verso qualsiasi persona si relaziona con lei.
Il contrasto più evidente è, invece, l’alternanza di due sentimenti che mi provoca il parlare con lei.
All’interno di un’unica conversazione si succedono momenti in cui appare una donna forte e protettiva, e momenti in cui mi scaturisce un forte desiderio di proteggere quella bambina che emerge dalle sue riflessioni e dalla sua timidezza.
Il contrasto è ancora più evidente se pochi minuti dopo aver chiacchierato con lei, la vedi salire sul palco e gestire il pubblico.
Ha un rapporto altamente professionale con il suo lavoro, tipico delle persone che si sono costruite gradualmente e che hanno imparato la puntualità, lo spirito di sacrificio, l’attenzione ai dettagli.
Per quanti kilometri possa macinare per raggiungere il luogo del concerto, non rivela alcun segno di stanchezza ed è capace di conversare fino a due minuti prima di esibirsi.
Lo so perché le uniche occasioni di parlarci sono state nei suoi camerini prima di andare a cantare e, nonostante la tensione che di solito si prova prima di una esibizione, con lei parlavo di uno degli argomenti che soprattutto condividiamo: il trascendente.
Non sono mai state elucubrazioni sui massimi sistemi perché Ivana ha vissuto, in questo ambito, esperienze straordinarie, delle quali non si vanta; anzi le racconta stupendosi lei per prima.
Ha molto pudore a raccontare e, se lo ha fatto con me, è perché io gli avevo rivelato un mio episodio dopo aver saputo che lei aveva scritto un libro su ciò che le capitava.
Chi ha certi tipi di esperienza è cosciente di non essere creduto o di essere considerato con la testa un pò fuori posto e ciò provoca una frustrazione terribile perché si sente la necessità di avvisare che la realtà non è solo quella sotto i nostri occhi.
Con lei ho potuto esternare dei pensieri sapendo di essere compreso e ho sentito il suo piacere che li condividessi con lei.
Le domandai perché avesse deciso di scriverne un libro, se non avesse rischiato di essere considerata una visionaria e quindi con dei risvolti negativi sulla carriera.
Mi rispose: “Ma tu non hai sentito il bisogno di raccontarmi ciò che hai vissuto?
Non senti il bisogno di far capire agli altri cose che potrebbero far correggere comportamenti sociali sbagliati e migliorare le nostre relazioni?
Sapere che non finisce tutto con la nostra morte, che è possibile ritrovare i propri cari, che in qualche modo il nostro comportamento in vita ha delle conseguenze nel dopo... non sono informazioni utili alla nostra vita presente? Mi hanno presa per matta tante volte, per un motivo del genere valeva la pena. E comunque gran parte delle cose che mi sono successe sono documentate.”
Credo sia il caso di citare un fatto per capire di cosa sto scrivendo.
Una notte sognò sua nonna che aveva accanto una bambina di cui le era rimasto impresso l’aspetto fisico.
Il giorno dopo arrivò sul luogo dove doveva tenere un concerto e fu avvicinata da una madre che le raccontò di sua figlia che era morta mentre ascoltava un suo brano, chiedendole di dedicarle quella canzone.
Ivana chiese se per caso sua figlia avesse l’aspetto di quella bambina che aveva sognato e la madre, piangendo le mostrò una foto che ritraeva esattamente quella creatura.
Mi sono dilungato troppo su questo argomento?
Ma le mie sono solo istantanee; di Spagna artista sappiamo già molto e ho voluto trattare di qualcosa che la coinvolge umanamente.
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