I BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA

Bisucchio (Varese)

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La nascita di Bisuschio si perde nelle nebbie dell’alto medioevo. La prima attestazione scritta risale al 959, risultante da una pergamena del Regesto di Santa Maria del Monte.

La tradizione locale tuttavia va ancora più indietro nel tempo fino a ricollegarsi alla presunta etimologia del nome. Bisuschio infatti deriverebbe da bis ustum, due volte bruciato, si racconta infatti che in zona esistesse in tarda epoca imperiale (IV-V secolo D.C) una stazione di guardia, assieme ad alcuni granai, la cui presenza sembrerebbe essere attestata da quella dei tanti mulini, di cui resta traccia nella toponomastica. Durante quel periodo vennero incendiati due volte, da cui il nome. Che vi possa essere stata un stazione di guardia non è da escludersi.

La Storia

cms_23576/0.jpgFin qui la tradizione, ma quali sono le testimonianze tangibili che possano avvalorarla? Qualche tempo fa per iniziativa della Parrocchia di S. Giorgio Martire si decise di intraprendere il restauro della chiesa di S. Giuseppe, fino al 1721 dedicata a S. Dionigi. Si tratta probabilmente del più antico edificio ancora esistente in paese e si riteneva che risalisse intorno al XI, come confermavano elementi architettonici esterni. Durante i lavori emersero elementi interessanti, quali le fondamenta di una seconda abside nella sacrestia e resti di tombe, in una delle quali era presente uno scheletro ben conservato. Dalle indagini effettuate si è potuto ipotizzare che il luogo fosse un’ area cimiteriale, risalente attorno al VI-VII secolo. Fra il VII e il XIII secolo non abbiamo molte notizie sulle vicende che interessarono il piccolo borgo, collocato nella pieve di Arcisate. La pieve era un’unità della diocesi. Probabilmente la pieve medievale ricalcava un’unità amministrativa romana, forse a sua volta costituita su qualche divisione territoriale celtica.

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Si deve comunque presumere che Bisuschio abbia seguito le vicende del Contado del Seprio di cui faceva parte. Notizie più precise compaiono intorno alla metà del XIII, quando i Mozzoni, coinvolti nelle lotte intestine di Milano giunsero qui per non andarsene più. Nel 1484 il duca di Milano concedette in feudo la pieve di Arcisate, e quindi Bisuschio, ad Antonio Arcimboldi ed ai suoi discendenti. Le ragioni dell’infeudazione vanno ricercate nel fabbisogno di denaro. Il feudo era infatti concesso al migliore offerente. Il vincitore dell’asta si rifaceva poi sugli abitanti della località, imponendo loro tasse e imposte di vario genere. Il XVI secolo fu pieno di eventi, un autentico "siglo de oro". Bisuschio ne uscì trasformata.

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Attorno al 1530 i fratelli Francesco e Maino Mozzoni acquistarono parte delle case del paese, quelle circostanti il nucleo originario della futura Villa Cicogna-Mozzoni, le demolirono e ridisegnarono l’assetto urbanistico del borgo, costruendo l’attuale viale e il piazzale prospiciente. L’impatto finale sarà tale che qualcuno dirà che i Mozzoni ricostruirono Bisuschio dopo un incendio. Nel 1560 Francesco Mozzoni chiamò a sue spese un cappellano affinché officiasse in paese, visto che fino ad allora la cura delle anime di Bisuschio erano affidate ai canonici di Arcisate.

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Cinque anni dopo, il 7 maggio, sempre per iniziativa dello stesso, ancora a sue spese, inizia la costruzione di una nuova chiesa, l’attuale parrocchiale, che assumerà un aspetto definitivo solo nella metà del XX secolo. Nel 1575 giunge in visita al paese il S. Carlo Borromeo.

Qualche anno dopo l’ultima dei Mozzoni Angela, figlia di Ascanio e Cecilia, sposa il Conte Giovanni Pietro Cicogna, originando il ramo dei Conti Cicogna-Mozzoni. Il 9 novembre 1605 Bisuschio è eretta in parrocchia e la nuova S. Giorgio Martire, quella "al piano" ne diventa la parrocchiale. Il primo parroco è Pier Antonio Frontini. Successivamente a metà ’700 si avvia la costruzione della chiesa di S. Rocco e Sebastiano, patroni degli appestati, in località lazzaretto.

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Nel 1630-35 infatti l’epidemia che Manzoni descriverà nei Promessi Sposi era giunta anche a Bisuschio, dove però, attenendoci agli archivi parrocchiali, non vi era stato un gran numero di vittime.

Diana Filippi

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