I REGISTRI AKASHICI - II^ PARTE

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Avere accesso ai registri akashici è possibile; del resto, essi esistono proprio per dare all’anima le indicazioni necessarie per compiere al meglio la missione che si è scelta prima di incarnarsi.

Personaggi come Alice Bailey (esoterista, astrologa e teosofa inglese) e Rudolf Steiner (filosofo e pedagogista austriaco, fondatore) - solo per citarne alcuni - hanno saputo accedere a queste “memorie”, permeandone i loro scritti.

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Fu l’avvento della Teosofia a portare il termine “REGISTRI AKASHICI” in Occidente. Siamo alla fine dell’Ottocento ed è a madame Blavatky, fondatrice del movimento, che dobbiamo l’introduzione di questo concetto, identificato come ETERE, sulla scia della tradizione filosofica occidentale.

Rudolf Steiner, invece, andò oltre questo concetto, intravedendo una sorta di “inventario cosmico” in cui era possibile avere accesso alle informazioni su passato, presente e futuro di qualsiasi cosa o persona. Sì, anche del futuro, perché questi registri sono in grado di contenere e collegare insieme ogni evento dello spazio e del tempo.

Rudolf Steiner li chiamava: “cronache di Akasha”.

Nel suo libro “La saggezza dei Rosacroce”, Steiner scriveva: «L’immagine dell’akasha è così viva che continua ad agire secondo il carattere originario dell’uomo, tanto da poter essere confusa con la persona stessa. I medium credono di parlare col morto che sopravvive in spirito, ma si tratta soltanto della sua immagine astrale dell’akasha. Lo spirito di Cesare si sarà già reincarnato sulla Terra, e la sua immagine astrale continuerà ancora a rispondere nelle sedute spiritiche. Non si tratterà però dell’individualità di Cesare, ma soltanto della sua durevole impronta lasciata nella cronaca dell’akasha. Gli errori di molte sedute spiritiche derivano da questo fatto. Dobbiamo distinguere fra il residuo dell’uomo nella sua immagine dell’akasha e la sua individualità che continua nell’evoluzione.»

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Rudolf Steiner

I registri akashici sono il libro della nostra esistenza e questo vale per ciascun essere vivente. In questo senso è possibile assimilare l’idea dell’akasha a quella della coscienza universale.

Ricordo che la coscienza collettiva può essere definita come l’insieme di norme, valori e comportamenti comuni in una Società.

Il campo morfico è un campo quantico che contiene tutte le informazioni di una determinata specie: tutti vi sono collegati e tutti vi entrano in relazione. Prende appunto il nome di coscienza collettiva, ovvero un’unica coscienza fatta dalla coscienza di tutti gli individui.

Per approfondire questo concetto vi rimando agli articoli 4 e 5 di questa rubrica.

Ma andiamo oltre.

Conoscete David Bohm?

Nato nel 1917 e morto nel 1992, David Joseph Bohm era un fisico e un filosofo.

Fin da ragazzino si avvicinò alla meccanica quantistica e, una volta conseguito il dottorato - all’età di 26 anni - esercitò la sua attività come fisico teorico nelle più importanti università americane.

Bohm scrisse un libro rivoluzionario dal titolo: “Universo, mente e materia”. Egli ipotizzava che nell’Universo vi fossero un ordine implicito ed uno esplicito: il primo non può essere percepito mente il secondo può esserlo in base all’interpretazione che il nostro cervello dà alle onde di interferenza che compongono l’Universo. I famosi pattern.

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David Joseph Bohm

Lo scienziato paragona l’ordine implicito a un OLOGRAMMA, la cui struttura complessiva è identificabile in quella di ogni sua singola parte.

Faccio un esempio per capire questo concetto.

Supponiamo di avere la fotografia di un bicchiere e l’ologramma del bicchiere stesso.

Ritaglio la fotografia in tanti minuscoli pezzettini e, dopo averli mescolati, ne prendo uno a caso. Quel frammento, cosa mi dirà sull’immagine nella sua interezza?

Probabilmente poco e niente, anzi, potrebbe essere addirittura impossibile determinare di quale oggetto si tratti.

Pensiamo, adesso, di fare la stessa cosa con l’ologramma.

Se potessimo ridurre l’ologramma in tanti minuscoli coriandoli di luce, vedremmo che ognuno di essi è la riproduzione esatta ed integra dell’oggetto originale. In questo caso, il bicchiere.

Per quanto piccola, ogni porzione dell’ologramma, contiene l’INTERA immagine rappresentata.

Perché vi racconto questo? Perché questa teoria ribalta completamente il principio di località, secondo il quale degli oggetti distanti tra loro non possono avere influenza istantanea l’uno sull’altro.

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L’approccio olistico di Bohm nello studiare la materia e il cosmo, ha portato, per l’appunto, alla nascita della teoria dell’universo olografico. Una visione dell’universo rivoluzionaria e illuminata che ci costringe a ripensare completamente al concetto di Universo e a tutto ciò che vi è collegato.

A seguire

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I REGISTRI AKASHICI - II^ PARTE

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Simona HeArt

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