I droni esplorano la Foresta Rossa di Cernobyl

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In un raggio di 30 Km, là dove il 26 aprile del 1986 avvenne il disastro di Cernobyl, si estende la cosiddetta Foresta Rossa, così denominata perché considerata ad oggi l’aerea più radioattiva del mondo. Si tratta di un territorio disabitato dall’uomo, che racchiude al suo interno molte tracce di radioattività.

Ultimamente, dei droni ad ala fissa inviati dal National Centre for Nuclear Robotics dell’Università di Bristol hanno sorvolato la zona, svelando aree radioattive di cui prima non si conosceva affatto l’esistenza.

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L’operazione è durata circa 10 giorni, in cui i droni stessi hanno compiuto diversi giri di ricognizione. Alcune zone sono state analizzate attentamente con droni capaci di restare sospesi in volo per acquisire ulteriori informazioni con una tecnologia 3D, ossia i sensori LIDAR.

Quest’ultima è una tecnica di telerilevamento utilizzata con impulso laser, che consente di misurare la concentrazione di prodotti chimici nell’aria e in acqua.

La tecnologia LIDAR ha permesso di mappare con più precisione la Foresta Rossa di Cernobyl e di individuare zone sparse con alta radioattività.

Uno dei punti più radioattivi è stato individuato nei pressi delle macerie di una struttura, che prima doveva essere impiegata per una bonifica della zona che in realtà non è mai avvenuta. Qui, infatti, le radiazioni sarebbero superiori a quelle che generalmente il corpo umano assorbisce in un anno.

Inoltre, nella Foresta Rossa la fauna cresce indisturbata, e gli esperti hanno sempre ipotizzato un rischio di contaminazione dovuto alle migrazione di alcune specie, tra cui i lupi grigi.

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Qualche mese fa, nel 2018, alcuni ricercatori del Missouri avevano messo un collare con gps intorno al collo di un esemplare per seguirne gli spostamenti. Si è notato che, data l’alta concentrazione di giovani esemplari, questa specie tende a esplorare altri territori in cerca di prede. Ma, siccome essi sono nati e cresciuti nella Foresta Rossa, si è temuto sin dall’inizio che i loro spostamenti potessero risultare deleterei, non solo per l’uomo, ma anche per la flora e la fauna di altri territori che esplorano.

Inoltre è stata osservata anche la mutazione genetica che subiscono i cuccioli della stessa specie. Al tempo stesso però, si pensa che per i lupi colpiti da un alto valore di radiazioni sia molto difficile riprodursi.

L’esplorazione effettuata dai droni permette non solo di conoscere le zone più radioattive, ma anche di cercare delle soluzioni per recuperare in futuro un’area molto vasta.

Questa, per ora, rimane un’impresa destinata a concretizzarsi tra molti anni.

Francesco Ambrosio

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