Il romanzo perfetto

In momenti in cui si parla solo di politica (il peccato, di recente, ho contribuito a renderlo “mortale” anch’io) è meglio allentare la morsa a prescindere dalle regole imposte, e quindi cercheremo di interessare i nostri lettori a un tema di una attualità evidente: il romanzo. Perché il romanzo sia di stringente attualità non posso dirlo subito e qualcuno lo scoprirà più in là, al termine di questi rapidi pensieri. In ambito narrativo, ogni scrittore che aspiri a consolidare il proprio ruolo non può che soffrire all’idea che il suo romanzo sia considerato meno di un capolavoro, ma ciò che lo addolora maggiormente è il rischio che nemmeno riesca a farlo apprezzare a un numero di lettori sufficiente a rappresentare un campione attendibile che si pronunci sulle effettive capacità del poveretto. L’impasse riguarda gli artisti in generale, in verità. Ma con il romanzo la questione diventa più drammatica, perché la tecnologia aiuta poco.
Un libro non è come una canzone, un quadro o un film, non si può esibirlo su youtube per far conoscere l’autore attraverso la fruizione dell’opera. Il passa-parola può costituire una buona onda che si propaga, ma il suo effetto non va oltre un certo limite. E così una vera e propria ossessione attanaglia chi è privo di un nome che facilita la vendita della propria opera. Infatti il lettore medio acquista non tanto il libro, ma l’autore conosciuto, e poi valuta ciò che ha scritto (ammesso che legga ciò che ha comprato e comunque constatando poi che, dopo le prime opere dello stesso Autore, quelle successive sono mediamente bidoni fatti in serie). Per vivere di romanzi bisogna venderne parecchie copie, del resto, e gli Editori, anche quando credono nelle capacità dell’autore, non se la sentono di investire per massicce campagne promozionali in grado di far emergere chi non è già affermato, magari anche in altri campi. Ad aggravare la situazione vi è una generale tendenza alla disistima verso l’espressione narrativa, confinata al ruolo di intrattenimento fine a sé stesso e non all’arricchimento culturale, ritenendo che ciò sia appannaggio esclusivo della saggistica. E a leggere quello che si pubblica, purtroppo, si offrono buoni motivi per pensarla così. Poveri romanzieri. Eppure non bisogna rassegnarsi, perché la storia raccontata fa parte della nostra struttura mentale. Ne abbiamo bisogno per dare ordine al caos dell’esistenza, perché in tutte le nostre attività, ma proprio tutte, abbiamo bisogno di rappresentarci un racconto che si dipana secondo modalità definite e collaudate da sempre e per sempre.
Le modalità sono una situazione di equilibrio iniziale, un elemento che turba l’equilibrio, il pathos per eliminare l’ostacolo, il climax, la soluzione con nuova situazione di equilibrio (anche se negativa). La coazione a ripetere di questo meccanismo è facilmente ravvisabile in ogni momento della nostra vita, almeno da svegli, e riguarda il futuro ed il passato (del presente non se ne cura nessuno, e di questo parleremo un’altra volta). Ad esempio, di buon mattino ci alziamo e, appena avuta contezza di chi siamo, dove siamo e (per i più pensosi) del perché esistiamo, da questa situazione di equilibrio si parte e ci rappresentiamo gli ostacoli che che dovremo superare nelle ore successive (elemento che turba l’equilibrio), creando una immagine di noi che siamo intenti a risolvere un qualche problema (pathos), sino al culmine dello sforzo (climax) e alla risoluzione del problema (nuovo equilibrio). E se poi incontriamo qualcuno che non vediamo da tempo, scambiamo con l’interlocutore un po’ di storie di ciò che è avvenuto, attraverso un racconto che procede con le stesse tappe: “Non sai che è successo? (rottura dell’equilibrio)… “e quindi ho dovuto fare...” (pathos) “ e solo quando...” (climax) “alla fine...” (nuovo equilibrio).
Ne abbiamo bisogno, non c’è niente da fare. Ecco perché la narrativa non morirà mai e i romanzi si leggeranno sempre. E va detto che i romanzi sono una delle forme espressive più potenti per la trasmissione del sapere, perché, se scritti bene, ancorano i fatti alle emozioni e non si dimentica più ciò che si è appreso tramite un racconto. È per questo che se ricorderemo per sempre cos’è stata la dominazione spagnola in Italia, ad esempio, lo dovremo a Manzoni e non a chi ne ha scritto in pur dotte prolusioni. Il romanzo è la nostra stessa vita. Ognuno di noi è autore di un romanzo, anche se non lo scrive, e lo racconta a sé stesso da quando nasce a quando muore, sino a un istante prima di andarsene. Questo è il romanzo per eccellenza, il fantastico romanzo della propria esistenza. Il romanzo di chi vive. Il romanzo perfetto.
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.