Immobili del Patrimonio Pubblico

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Il Dottor Armando Grasso, ex Presidente della Corte d’Assise di Bergamo, in pensione dal 2008 conferma quanto riportato dall’inchiesta del Corriere sulla gestione di molti palazzi. Immobili costruiti a fine anni ‘60 dall’allora Cassa per le pensioni ai sanitari (Cps), assorbita con tutte le sue proprietà dall’Inpdap, negli anni 90, istituto a sua volta sciolto nell’Inps nel 2013. «Ho vissuto nel palazzo di via Sant’Orsola per 32 anni, e ho lasciato l’appartamento tre anni fa. Il canone d’affitto che l’istituto pubblico previdenziale chiedeva era ed è assolutamente ridicolo. Ricordo di aver sempre pagato, con cifre equivalenti anche in passato, circa 380 euro al mese, di cui 200 erano il canone, il resto erano spese condominiali e utenze. E l’ente proprietario non mi ha mai sottoposto l’esigenza di adeguare il canone d’affitto».

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Già, l’ex Inpdap, poi Inps, non ha mai avanzato quella richiesta nemmeno ad altri inquilini che vivono ancora lì, e continuano a versare un canone di poco superiore ai 250 euro. «D’altro canto so bene che invece, in modo inspiegabile, ad alcuni inquilini l’adeguamento è stato richiesto, e poi applicato», prosegue il giudice. Ma come mai un Magistrato aveva preso in affitto una casa degli enti previdenziali? «Tutto alla luce del sole e semplice da spiegare, non si pensi a raccomandazioni. Un tempo i funzionari e dirigenti pubblici avevano diritto di chiedere alla Direzione Provinciale del Tesoro di poter avere accesso agli immobili pubblici. Io feci la domanda a fine anni 70 e in un periodo piuttosto breve mi portarono a vedere due appartamenti in via Sant’Orsola. Scelsi il secondo, dove ho vissuto per 32 anni». Nel 2012 l’Inpdap aveva proposto al giudice l’acquisto dell’appartamento. «Ma non avevano mai fatto la benché minima manutenzione, quando c’era un problema nelle parti comuni si muovevano con tempi lunghissimi, quando si muovevano. Quindi ho deciso di lasciare la casa e di acquistarne un’altra.

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Per non parlare del fatto che una decina di anni prima c’era stata un’asta per la vendita di una serie di unità immobiliari in un altro lotto dello stesso palazzo, a un prezzo che era la metà di quello poi richiesto dall’ente proprietario ad altri inquilini, tra cui io, perché in quella fase eravamo interessati ad acquistare». E lo stesso giudice Grasso è stato tra i residenti di via Borfuro e Sant’Orsola che, sul prezzo applicato in quell’asta (la base era di 997 euro al metro quadro), hanno fatto causa al tribunale civile: un procedimento che è fermo dal 2011 in Cassazione. «Avendo lasciato l’appartamento mi sono poi sfilato dalla causa, ma ricordo bene quel passaggio, che provocò un certo malumore. Ritengo che in quei palazzi ci sia stata una gestione, da parte della proprietà, davvero difficile da comprendere, poco razionale. Faccio l’esempio del mio appartamento: l’ho lasciato tre anni fa e so che non è mai stato né affittato né rivenduto. Poi ricordo che negli anni, ci furono diversi tentativi di affidare la gestione dei palazzi ad alcune società esterne perché l’amministrazione diretta dell’ente proprietario proprio non funzionava. Basti dire che nel 2013 l’Inpdap mi ha recapitato un conguaglio di pagamento da mille euro: io ho chiesto la distinta delle spese effettive da coprire, e non ho mai ricevuto risposta. E gli esempi come questi, per altri inquilini, sarebbero anche molti...». Molti e inspiegabili e per l’ennesima volta, i funzionari degli istituti previdenziali, che potrebbero saperne qualcosa, hanno deciso di tacere.

Francesco Mavelli

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